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Carlo A. Pelanda
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IL PUNTO

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1/12/2025

L’armonizzazione tra requisiti economici ed ambientali

Siamo in un periodo dove appare necessario, per realismo, armonizzare la politica e gli standard industriali con l’adattamento al mutamento climatico. Ora tale armonizzazione non c’è a causa di un ecofanatismo nell’Ue orientato dall’obiettivo di eliminare l’economia basata sui combustibili fossili senza aver studiato i tempi non depressivi per farlo. Qui una nota sul come, invece, si potrebbe farlo.
Il 10 dicembre è in agenda un summit europeo dove l’Ue dovrebbe approvare il metodo della neutralità tecnologica per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, sostituendo quello dell’abbandono forzato entro il 2035 dei motori termici alimentati da combustibili fossili.

Il tema è vitale per l’industria automobilistica e suoi dintorni. Germania e Italia hanno trovato forte convergenza per salvare i motori termici con nuovi combustibili a minore impatto carbonizzante. Berlino – con grande esperienza storica nella tecnologia dei carburanti sintetici – spinge li e-fuel (idrogeno combinato con composti carbonici) e Roma i biocarburanti, settore in cui è avanguardia tecnologica. Il peso politico della Germania nell’Ue e l’intensità dello sforzo diplomatico italiano rendono elevata la probabilità che la neutralità tecnologica venga approvata, abolendo una norma distruttiva per un settore industriale portante per l’economia continentale.
Ma ritengo utile proporre uno scenario integrativo per sostenere il consenso alla modifica detta sopra.

Il punto è l’armonizzazione tra politiche ambientali di cui la decarbonizzazione è un fattore rilevante e la politica economica/energetica. Da tempo ho chiesto ai miei ricercatori uno scenario con calcoli ragionevolmente precisati. Il dato basico è che la priorità decarbonizzante per ridurre l’aumento delle temperature nel pianeta via effetto serra distrugge l’economia basata sulla combustione se attuata in tempi brevi che non ne permettono la sostituzione con altre fonti energetiche equivalenti. Il calcolo della sostituibilità (calibrato per intanto sull’Europa) prevede che se in 20 – 30 anni l’elettricità venisse prodotta in prevalenza da mini-centrali nucleari a fissione di quarta generazione a sicurezza intrinseca, allora tale tipo di energia pulita sarebbe disponibile in numeri sufficienti (anche calcolando l’aumento di energia richiesta dalla moltiplicazione dei data center) e a costi molto inferiori a quelli correnti.

Ciò provocherebbe un calo rapido delle emissioni carbonizzanti. Pertanto, nello scenario di lungo termine, in base al criterio decarbonizzante, ci potremmo permettere il mantenimento dell’energia combustibile, pur trattata in modi meno contaminanti, per un dato periodo di tempo perché in quello successivo la decarbonizzazione sarebbe rapidissima. Si tenga poi in conto che l’energia idroelettrica, quella solare, l’eolica, la geotermica, ecc., possono avere molta efficienza locale, ma non una sistemica per motivi di intermittenza e specificità territoriale. In sintesi, l’economia basata su petrolio e gas va sostituita da quella nucleare pur usandone altre pulite nei luoghi e periodi dove queste hanno efficienza certa. Questa sarebbe la miglior formula finanziaria-economica per armonizzare politica ambientale ed energetica.

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