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Carlo A. Pelanda
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IL PUNTO

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22/9/2024

Più garanzia di sicurezza ad Israele per ridurne l’aggressività

Cerchiamo la verità sulla guerra tra Israele e i proxy dell’Iran e chiediamoci quale sia il punto per trovare una soluzione che eviti peggioramenti. La anticipo: più garanzie internazionali di sicurezza ad Israele per ridurre la sua necessità di provvedere da sola alla propria sicurezza stessa incendiando tutta la regione, annotando che Israele è una potenza nucleare pur non dichiarata. Cosa può convincere David a non usare la fionda contro Golia? 
La verità è che Israele è stata aggredita con un colpo a sorpresa nell’ottobre 2023 via assalto di circa 4.000 miliziani di Hamas con l’ordine di uccidere più ebrei possibile, prendendo ostaggi nella speranza di limitare la controreazione via ricatto. I motivi appaiono due. Primo, l’ordine da parte del regime iraniano ad Hamas di sabotare sia gli Accordi di Abramo avviati nel 2019 tra Israele ed Emirati (con il consenso silenzioso dell’Arabia, io testimone in un convegno ad Abu Dhabi nel 2019) sia, soprattutto, la bozza del trattato Imec (connessione infrastrutturale tra India e Mediterraneo via penisola arabica con sbocco nel porto israeliano di Haifa) siglato nel settembre 2023 da molteplici nazioni, tra cui l’Italia: la strategia era quella di provocare una reazione di Israele che mobilitasse il mondo islamico in modo da impedire ai regimi arabi sunniti di procedere con il progetto. Secondo, Hamas da tempo stava preparando un’operazione bellica da attuare nell’anniversario dei 50 anni dalla guerra dello Yom Kippur (1973) con lo scopo di erodere l’immagine di potenza non sfidabile di Israele. La fusione delle due azioni strategiche portò ad un attacco massivo e genocida. Questo ebbe un successo politico perché la violenta reazione israeliana contro Gaza – finalizzata a ripristinare l’idea che se attacchi Israele e/o gli ebrei poi certamente verrai ucciso, cioè la dissuasione – è riuscita a sospendere l’accordo Imec a causa della mobilitazione contro Israele del consenso islamico. Ma non ad eliminarlo. I regimi arabi sunniti hanno dovuto tener conto dell’impossibilità di strutturare l’Imec sul piano del consenso, ma non lo hanno chiuso. Inoltre, sono intervenuti a sostegno di Israele – per esempio la Giordania abbattendo droni iraniani -   quando l’Iran ha sviluppato un attacco diretto missilistico contro Israele, pur telefonato per evitare controreazioni distruttive.
In questo quadro manca l’informazione certa sulle vere intenzioni dell’Iran: si percepisce una frattura tra miliziani del regime teocratico ed il regime stesso. Inoltre la parte politica del regime teocratico ha favorito l’elezione di un presidente eletto che appare non estremista, pur il ruolo degli ayatollah del tutto prevalente. Certamente l’Iran non è pronto ad un conflitto diretto con Israele. Non è chiaro se perché alla Cina sia sufficiente sabotare l’Imec, che limiterebbe la sua penetrazione oltremare, e non andare oltre oppure se la capacità nucleare iraniana non è a punto. La Russia? È ambigua: vuole avere buone relazioni con i Paesi islamici, ma non vorrebbe una relazione troppo forte tra questi e la Cina. L’Iran? Ha bisogno di mantenere l’aggressività, ma, appunto, non vuole farlo direttamente. Conseguenza: spinge Hezbollah ed Houthi ad una guerriglia continua per tenere alte le tensioni e per confermarsi come guida dei palestinesi oppressi ed erodere la forza e l’immagine di Israele.
Per questo Israele contromanovra per mostrare ad Hezbollah che se continuano a fare i proxy dell’Iran rischiano la distruzione. Alcuni analisti si sono chiesti come mai Israele abbia svelato la sua capacità di sabotaggio di strumenti avversari con sofisticati strumenti sia di cyberwar sia di penetrazione spionistica senza però calendarizzarla in combinazione con un’invasione del Libano meridionale. Il motivo è semplice: l’America non glielo lascia fare e Israele vorrebbe evitarlo. Ciò costringe Israele a praticare una deterrenza più violenta per mostrare forza dissuasiva ed i suoi nemici, pur impauriti, a reagire con più intensità, per lo meno sul piano della mobilitazione morale contro Israele stessa. Tale situazione non va bene se lo scopo è raffreddare il conflitto e permettere la ripresa dei negoziati per la connessione India - Mediterraneo. A chi è diretto il “non va bene”? All’Amministrazione Biden: sostiene Israele, ma le impone vincoli senza attuare una sufficiente dissuasione contro l’Iran e la Cina la cui tecnologia si può trovare nelle armi più evolute iraniane, distribuite poi ai proxy. C’è anche tecnologia russa e nordcoreana. Semplificando, l’America a guida Biden difende Israele, ma non attua una dissuasione sufficiente contro l’Iran ed i suoi alleati. La conseguenza è che Israele si sente costretta ad attuare da sola una dissuasione molto forte per la propria sicurezza così rischiando errori che poi favoriscono demonizzazioni. Non va.
Da un lato, Israele ha un potenziale militare convenzionale e non, oltre a capacità coperte, in grado di annichilire tutti i suoi nemici. Dall’altro, non ha alcun interesse a farlo. Ha invece l’interesse a trovare buone relazioni con le nazioni arabe ed islamiche in generale. C’è anche un interesse a ridurre la disperazione dell’ebreo circondato da gente che lo vuole uccidere e lo costringe alla violenza, favorendo le parti politiche più estreme. Non voglio annoiare con troppi dettagli, ma è chiaro che se non si vuole una degenerazione bellica incontenibile bisogna dare ad Israele segnali concreti di una garanzia internazionale di sua sicurezza. Pertanto invoco una presa di responsabilità del G7 e nazioni compatibili per darla: l’alleanza delle democrazie che ne difende efficacemente una così potendole chiedere in cambio meno violenza alimentata dalla disperazione.

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