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Carlo A. Pelanda
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IL PUNTO

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28/4/2024

Come adattarsi all’ecomutamento

Lo UN Office for Disaster Risk Reduction ha calcolato che negli ultimi 20 anni sono raddoppiate a livello globale le alluvioni e che la frequenza delle tempeste è aumentata del 40%. Altre fonti di eco-scenaristica avvertono del pericolo prospettico dell’aumento dei livelli del mare e di altri fenomeni meteo estremi ad elevato impatto sul sistema economico, per esempio agricoltura e conseguenze nel lungo termine del possibile mutamento della Corrente del Golfo, causa più acqua dolce per deglaciazione, che mitiga le temperature invernali in Europa creando un rischio di raffreddamento dell’area nell’ambito di un riscaldamento globale. Sul lato delle soluzioni di mitigazione del rischio climatico si nota, sul piano planetario, una lentezza delle politiche decarbonizzanti, qualora queste fossero un vero rimedio, ed un crescente pessimismo della scienza che le invoca sui tempi della loro applicazione da parte degli Stati. Pertanto, nel presente, sta emergendo la sensazione che il mutamento climatico eccederà le capacità di contenerlo. Da un lato, è razionale attendere migliori misurazioni delle tendenze: tema in discussione nella ricerca (Teoria dei segnali) che si occupa di definire i tempi e gli indicatori giusti per la misurazione dei fenomeni ambientali. Dall’altro, appare altrettanto razionale iniziare a definire meglio le politiche di ecoadattamento ed il loro profilo finanziario sia sul piano dei bilanci pubblici sia su quello degli investimenti privati.

Da un biennio circa è osservabile, analizzando l’aumento delle pubblicazioni dedicate, un movimento della ricerca economica-finanziaria lungo la direzione detta. I ricercatori del mio team sono rimasti molto colpiti da recenti lavori di ricerca che cercano di stimare meglio il rischio climatico negli investimenti su infrastrutture attraverso formule di previsione che hanno indotto un neologismo: ecologia computazionale. Questi lavori tendono a restare entro il sentiero della priorità decarbonizzante, uno dei più completi prendendo come base sia lo Oxford Economics Global Climate Scenario sia i lavori del Network for Greening the Financial System (Ngfs) dove sono presenti alcune Banche centrali. Ma l’enfasi sulla valutazione del rischio economico di questa impostazione appare mostrare una maggiore priorità all’ecoadattamento. Se così, ciò è in linea con l’ecostrategia che è oggetto di ricerca preliminare nel mio team: creare scenari dove Stati, assicurazioni ed investitori possano definire costi e benefici di interventi calibrati sull’ecoadattamento. Dove l’oggetto di ricerca sono le priorità di investimento combinate con la sicurezza in relazione al possibile mutamento climatico. Per esempio, di fronte al rischio siccità c’è un aumento degli invasi d’acqua. Ma di fronte al rischio frane, alluvioni, epidemico, di tempeste, di eccessi termici caldi e freddi, ecc.? Appare ovvio che non si possa solo aspettare la decarbonizzazione e si debba accelerare l’adattamento all’ecomutamento.     

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