L’America dovrà correggere l’eccesso di americanismo
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Nella prima Amministrazione Trump era presente un numero sufficiente di repubblicani realistici capace di bilanciare l’americanismo controproducente di Trump stesso. Nella seconda meno. Il mio gruppo di ricerca si è diviso tra due scenari: a) l’azione di Trump produrrà una più forte controreazione divergente nel mondo rendendola improduttiva per l’interesse statunitense e divisiva entro l’alleanza delle democrazie; b) ci sarà un processo di apprendimento basato sul realismo, in particolare economico, che ridurrà il possibile impatto negativo. I due sottogruppi condividono l’idea che ci vorranno 6-8 mesi per poter assegnare una probabilità prevalente all’uno od altro scenario. Ma l’analisi dei segnali precursori è già stata avviata da ambedue, con attenzione a quelli geoeconomici.
Che il linguaggio di Trump sia sintetizzabile come ribellione dell’America contro il mondo creato dall’America stessa è un dato di fatto, con due varianti. Repubblicana: applicare il burden sharing per la gestione della sicurezza ed economia del pianeta caricandone di più i costi sugli alleati, dottrina anticipata da Henry Kissinger nel 1973 e strutturata da Condolezza Rice su Foreign Affairs nella primavera del 2000 contro il globalismo valutato dissipativo dell’Amministrazione Clinton, ora esasperata dal Maga trumpiano. Democratica: mantenimento del globalismo, ma con limiti per bilanciare il dare ed avere americano nel mondo, per esempio il lead from behind di Obama, simile alla dottrina limitativa degli ingaggi militari di Bush Junior, poi invertita a seguito dell’attacco jihadista nel settembre 2001, la legislazione protezionista di Biden e la sua continuità con la precedente Amministrazione Trump 1 in materia di sanzioni contro l’export cinese. Tali varianti hanno una base comune: correggere il modello del commercio internazionale asimmetrico adottato dagli Stati Uniti alla fine degli anni 50 che, per tenere incollati gli alleati, permetteva loro di esportare di tutto in America senza vincolo di reciprocità. Ciò creò un ciclo instabile del capitale globale: l’America si deindustrializzava, ma riceveva un crescente flusso di dollari dagli esportatori sul suo sistema finanziario. Ora tale ciclo si è dimostrato impoverente per l’America così come insostenibile il presidio militare globale. Ma la soluzione trumpiana non tiene conto che l’America è ormai piccola per evitare controreazioni ad un suo eccesso di pressione unilaterale. Una riflessione più cauta sull’erogazione di dazi fa intendere che l’Amministrazione Trump lo sta valutando. In attesa di più dati, la mia ipotesi è che alla fine l’analisi degli effetti controproducenti di un comportamento americano aggressivo e rivendicativo lo limiterà. L’America avrà bisogno di una convergenza con il G7 e nazioni compatibili per essere grande di nuovo. Ma le nazioni alleate devono capire che, pur considerando un’esagerazione pericolosa la strategia di Donald Trump, l’America ha un oggettivo bisogno di ribilanciamento dei flussi commerciali per evitare impoverimenti di massa.
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