Inizia a livello globale un cedimento dell’ecoidealismo decarbonizzante verso l’ecorealismo adattivo. Questo può essere passivo o attivo. Il primo non sarebbe sufficientemente capace di ridurre la vulnerabilità dei sistemi antropici al cambiamento climatico. Il secondo sì attraverso innovazioni tecnologiche e di teoria ambientale, per esempio:
a) nuove ingegnerie ekistiche per ridurre la vulnerabilità delle strutture ed infrastrutture;
b) armonizzazione tra sostenibilità economica ed ambientale;
c) accelerazione della diffusione dell’energia nucleare decarbonizzante che poi compensa l’allungamento dei tempi di impiego dei combustibili fossili carbonizzanti;
d) biotecnologie per aumentare sia la resistenza dei vegetali agli estremi climatici, in particolare sul lato della desertificazione, sia la biodiversità in generale (nuovo settore definibile come biocibernazione).
Il punto: la mutazione dell’ambiente a cui per più di un migliaio di anni si sono adattati i sistemi antropici costringe ad elaborare una nuova cultura adattiva caricata di maggiore capacità di intervento sui cicli naturali, in particolare terraformazione ed ecologia artificiale.
Ci saranno molte resistenze dagli ecoconservatori che difendono l’autonomia dei cicli naturali anche a costo di gravi danni economici e sociali. Ma la realtà darà una forte spinta rieducativa, come già evidente nel meeting annuale sull’ambiente in Brasile, nell’estensione dei tempi per i motori a combustione e in decine di ripensamenti contro la decarbonizzazione forzata con conseguenze depressive ed ambientalmente nulle.
Tuttavia, per saltare in tempi utili – circa 6/7 decenni – dall’illusoria ecopolitica basata sulla sola decarbonizzazione combinata con divieti depressivi va accelerata la costruzione del nuovo progetto di ecologia artificiale per dare una chiara alternativa al fallimento dell’ecopolitica conservatrice lamentata dall’Onu. Ed anche al fallimento dell’econegazionismo (una forma di ecoadattamento passivo) che molti praticano sfruttando la relativa lentezza del cambiamento climatico pur aumentando la frequenza dei fenomeni meteo estremi con impatti catastrofici. Sto invocando l’accelerazione di una filosofia che ispiri e legittimi la creazione di nuove protesi tecnologiche eco-adattive?
Certamente, io impegnato a contribuirvi da decenni. Ma ritengo che la forza degli esempi concreti sia più importante per il mutamento culturale utile al consenso per la svolta ecorealistica. Dobbiamo inventare novità assolute? No, esiste già una molteplicità di invenzioni con potenziale ecogenerativo che però sono bloccate/frenate dalla dominanza econservatrice. Pertanto la nuova filosofia o dottrina ecogenerativa ha un compito non dico più facile, ma più mirato: lasciare più libertà agli esperimenti di nuova ecologia artificiale affinché si formi una varietà di tecnologie che permetta sia alla finanza di investimento di scegliere le più promettenti sia ai governi di togliere limitazioni pur nel dovere di regolare le novità. In sintesi, il nuovo ecoadattamento richiede più libertà sperimentale per creare ed ottenere i soldi per farlo. Priorità culturale? Prima l’Uomo e poi la Natura, modificandola per salvare ambedue.
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