I segnali che filtrano dagli intensi negoziati in preparazione del vertice Nato del 24 e 25 giugno a L’Aia rendono probabile un consolidamento e potenziamento espansivo dell’alleanza militare euro-atlantica ed improbabile un suo indebolimento o, peggio, frattura.
Il tema economico. L’America a conduzione Donald Trump ha esercitato pressioni fortissime per un aumento della spesa militare degli alleati europei, facendo temere una insostenibilità di bilancio per molte nazioni, in particolare per la pressione statunitense di portare al 5% del Pil la spesa per la sicurezza nazionale e collettiva dal 2% concordato (e non rispettato da parecchi Paesi) nel 2014. Ma è stata trovata una soluzione intelligente, pur in rifinitura: a) spesa militare diretta al 3,5% del Pil, ma non necessariamente subito e quindi in prospettiva; b) invece subito la crescita della spesa stessa al 2% del Pil; c) passo più importante, l’inclusione nella contabilità Nato dei costi per funzioni di sicurezza non direttamente militare, pur collegata, quali antiterrorismo e nuove forme di difesa in relazione allo sviluppo di tecniche di guerra ibrida per un ammontare dell’1,5% di un Pil nazionale. In sintesi, pensando all’Italia: portarla da una spesa militare diretta dall’1,5% del Pil al 2% subito, azione confermata dal governo, inserire le spese di sicurezza generalizzata entro l’obbligo Nato, considerando che tali spese già esistono. Così siamo al 2 + 1,5 % del Pil, ben fattibile da Roma. Resterebbe un altro 1,5% del Pil in prospettiva, ma non sono ancora chiari i tempi ed i settori di impiego. In questo settore di spesa immagino (senza info specifiche) che Italia e Regno Unito possano inserire la spesa per il progetto Gcap (con il Giappone) di un caccia di sesta generazione robotizzabile e capace di condurre sciami di droni. Ed anche che l’Italia possa inserire sia la spesa per i progetti spaziali sia per alcune missioni all’estero non-Onu nonché la disponibilità ad ospitare basi militari sia Nato sia statunitensi (in relazione bilaterale) trasformabile in sconto. Ovviamente bisogna aspettare conferma del tutto e dei dettagli, ma lo scenario macro rende probabile una forte convergenza Nato in relazione ai requisiti di sostenibilità economica per gli europei dei requisiti imposti dall’America. Come prima sensazione sembra che Mark Rutte, Segretario generale olandese della Nato, abbia fatto un buon lavoro di mediazione, pur in attesa di conferma, per la convergenza euro-atlantica.
Il tema geopolitico. Se così, trovo confermata l’ipotesi fatta ad inizio anno che senza l’alleanza con gli europei l’America non riuscirebbe a mantenere lo status di prima potenza globale sfidato dalla Cina. Così come Pechino non potrebbe sperare di diventare potenza simmetrica all’America senza il dominio della Russia. Pertanto sia America sia Cina, prime potenze mondiali, hanno bisogno l’una degli europei occidentali e l’altra di Mosca per creare sfere di geo-influenza sufficientemente grandi. Pechino ha offerto facilitazioni impressionanti a Mosca, meno l’accettazione di un nuovo gasdotto dalla Siberia per mantenere una capacità di ricatto sulla Russia, per evitare che si stacchi dalla Cina. Ma Mosca stessa ha risposto creando un partenariato strategico con la Corea del Nord non solo per avere carne da cannone nel conflitto ucraino, ma anche per un’alleanza privilegiata con Pyongyang con scopo eventuale anticinese: un missile nucleare lanciato dalla Corea del Nord e potenziato con la tecnologia russa dei vettori ipersonici può raggiungere Pechino in pochi minuti. Per tale motivo ritengo che Washington dovrebbe continuare sia a corteggiare sia a spaventare la Russia per staccarla dalla Cina. Se non riuscisse, gli europei sono rilevanti come deterrenza contro Mosca. Qualora riuscisse, l’America avrebbe bisogno del non facile consenso europeo e dovrebbe fornire loro garanzie speciali. Lo scenario è mobile. Ma molto più chiara è l’esigenza di una Nato forte che investa più risorse di sicurezza nel Mediterraneo, interesse prioritario di Roma, anche recentemente giustificato dal tentativo russo di far conquistare la Libia a suoi proxy non solo per metterci una base navale dopo la chiusura di quella in Siria, ma anche una base missilistica per deterrenza contro l’Europa. Ed è altrettanto chiara l’esigenza di collegare la Nato alle alleanze militari compatibili nel Pacifico, in particolare Giappone, India ed Australia. Ma è tema successivo al consolidamento della Nato euro-atlantica.
Il tema industriale. La Germania sta investendo enormi risorse nel settore militare, oltre che per diventare fornitore di sicurezza con vantaggio politico, affinché tale investimento crei una nuova industria ipertecnologica capace di sostituire il modello economico interno ormai invecchiato in parecchi settori. La Francia cerca di inseguire la Germania. Ambedue vogliono che l’Ue mantenga i legami Nato, ma Berlino di più e Parigi molto di meno in nome di un’autonomia strategica dell’Ue a conduzione diarchica. Ma senza deterrenza sufficiente contro la Russia e capacità condizionanti verso la Cina somministrabili realisticamente nel presente e prossimo futuro solo dall’America, gli europei non potranno conquistare una forza sufficiente prima di 10 – 15 anni. L’America che pressa gli europei a diventare potenza prospettica anche militare si rendono conto che l’Ue potrebbe sostituirne, in prospettiva, la centralità geopolitica e geoeconomica globale oggi detenuta dall’America stessa? La domanda è aperta. Per chiuderla pensando all’Italia suggerisco un maggiore incrocio industriale tra aziende tech italiane e statunitensi, senza escludere altre europee e nipponiche, per un mercato unico futuro di un G7 più compatto.