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Carlo A. Pelanda
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IL PUNTO

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7/1/2023

La crisi del Mar Rosso impone scelte forti all’Italia

Il gap di sicurezza dei transiti navali nel Mar Rosso a causa degli attacchi da parte degli Houthi yemeniti, che sono strumenti ben riforniti di armi - tra cui missilistica cinese - deIl’Iran sta producendo un massimo rischio economico per l’Italia: le società di navigazione mercantile saltano la rotta dal Pacifico via Suez verso il Mediterraneo circumnavigando l’Africa, preferendo un approdo nel porto di Rotterdam piuttosto che in quelli di Trieste, Genova ed altri mediterranei. Il calo del traffico via Suez ha già preso dimensioni notevoli e sta peggiorando. L’Italia, dopo una videoconferenza di circa due settimane fa tra i ministri della Difesa italiano Guido Crosetto e quello statunitense Lloyd Austin in materia di protezione delle rotte ha inviato nel Mar Rosso la fregata “Virginia Fasan” (classe Fremm, con sistemi molto evoluti). Roma lo ha fatto non partecipando direttamente all’operazione alleata multinazionale “Prosperity Guardian”, ma estendendo quella già approvata dal Parlamento “Mediterraneo sicuro”. Tale postura non impedisce il coordinamento operativo della forza armata complessiva: infatti l’America ha ringraziato l’Italia. Ma segnala una prudenza del governo italiano. Solo formale o sostanziale? Va capito.
Stati Uniti e Regno Unito, entro la coalizione “Prosperity Guardian”, stanno valutando da parecchi giorni opzioni di distruzione del potenziale Houthi – Iran per eliminare la minaccia sul Mar Rosso. Ma Washington, al momento, appare riluttante nel programmare azioni offensive e sembra preferire quelle difensive, fornendo copertura antimissile e anti droni o contro barchini d’assalto pirata al naviglio civile. Tale incompleta garanzia di sicurezza, ovviamente, non ha convinto le compagnie marittime che hanno preferito evitare la rotta del Mar Rosso, creando il problema economico per l’Italia e per le altre nazioni del Mediterraneo. Quanto è grande questo problema? Saltare Suez e girare l’Africa per arrivare in Europa aumenta il costo del combustibile per le navi, poi trasferito alla catena dei clienti. Ma bisogna aggiungere altri costi di trasporto merci e, soprattutto, di emarginazione dei porti italiani sia in entrata sia in uscita. Gli analisti di settore da settimane hanno cercato di calcolare l’impatto sui costi energetici dell’Italia (petrolio e gas) prevedendo un certo rialzo, ma contenuto dal trend discendente, nelle contingenze, di questi materiali. Ma se la crisi si prolunga gli esportatori italiani verso l’Asia - Pacifico dovranno pagare costi maggiori e gli importatori da quel quadrante anche, spingendo una depressione mediterranea e la trasformazione del Mediterraneo in un laghetto marginale con de-valorizzazione degli investimenti per renderlo snodo primario dei traffici marini. In materia c’è anche attesa per la posizione dell’Egitto che rischia di perdere punti di Pil per la riduzione di traffico via Suez, peggiorando una situazione di crisi economica in atto. Spicca poi il rischio per l’Arabia che proprio sul Mar Rosso sta costruendo la sua città del futuro. L’Iran ha dato garanzie che solo naviglio diretto verso Israele verrà attaccato? Ma non è così: tutto il traffico sta saltando il Mar Rosso. Anche perché l’Etiopia filocinese ha appena siglato con un pezzo della Somalia (Somaliland) un accordo per l’accesso al Mar Rosso. E l’Arabia – che non è riuscita ad eliminare gli Houthi nello Yemen, guerra ora in stallo - permetterebbe l’inserimento nel Mar Rosso di naviglio militare iraniano, anticipato da una nave militare in questi giorni? Cosa ha detto Pechino a Iran ed Arabia quando li ha convinti a ripristinare relazioni diplomatiche? Chi scrive non crede che l’Arabia abbia ceduto posizioni perché ha siglato l’Imec, accordo per connettere via penisola arabica, con treni, India e Mediterraneo, dove nel caso l’aumento dei traffici non penalizzerebbe Suez. Pertanto la sensazione - senza poter accedere a dati di intelligence su operazioni in atto - è che siamo in una fase di attesa prima che vengano decise vere azioni di contenimento/eliminazione della minaccia iraniana sul Mar Rosso ed in generale. Probabilmente ci saranno, ma resta il dubbio sulla determinazione dell’Amministrazione Biden nel trovare soluzioni veloci e complete. E senza rapidità il problema economico per l’Italia – e per altri – potrebbe diventare grave.
In teoria ed in ogni caso, l’Italia dovrebbe inviare più potenziale aeronavale nel Mar Rosso e nel Pacifico per proprio interesse nazionale. Ma ci sono due problemi da valutare. Il primo è la compatibilità di una missione più forte con l’interesse italiano a migliorare le relazioni con le nazioni arabo-sunnite del Mediterraneo costiero e profondo in un momento dove queste sono intrappolate dall’Iran che si candida ad essere vero difensore dei palestinesi. Inoltre, per aumentare la presenza nella costa orientale dell’Africa ci vuole una preparazione che richiede tempo diplomatico. Il secondo riguarda la preoccupazione molto lucida del ministro Crosetto in materia di impegni militari che eccedono le capacità, considerando quelli sul fronte est-europeo. Non solo, il ministro ha annotato un problema globale: il blocco dei regimi autoritari ha più capacità di gestire situazioni multiple di conflitto dell’alleanza delle democrazie. Quindi la seconda deve creare più integrazione per la sicurezza e - pensa chi scrive - spendere più soldi, in particolare l’Ue perché l’America ha limiti di presidio mondiale, pur superpotenza. E lo deve fare anche l’Italia per finanziare una proiezione globale utile al traino ed alla sicurezza della sua economia interna e per rinforzare il suo status nel G7. Scelta non facile in una democrazia debellicizzata, ma necessaria.

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