L’effetto stimolativo degli investimenti per la sicurezza
Gli attori finanziari europei stanno iniziando a valutare gli effetti dell’aumento della spesa militare, passando da un’attenzione selettiva ad una sugli effetti sistemici nell’orizzonte dei 15 anni. La correlazione tra investimenti in sicurezza e rivoluzione tecnologica è già evidente. Ma potrà avere effetti espansivi e futurizzanti massimi o minimi in relazione alle scelte politiche delle nazioni. Qui un’analisi preliminare di quelle utili per l’Italia.
Vista la rilevanza morale del tema – che impatta sugli indirizzi del capitale - in società democratiche e debellicizzate per il lungo periodo di pace, va annotato che riarmo e più enfasi sulla sicurezza non implicano una degenerazione bellicista, ma un adattamento realistico alla fine del monopolio mondiale della violenza esercitato dall’impero americano per lo più a sue spese. L’America resta superpotenza, ma non più in grado di mantenere da sola la superiorità globale di fronte a potenze emergenti ostili e molteplicità delle crisi. Pertanto gli europei dovranno spendere di più per la loro sicurezza e deterrenza. In questo scenario sono punti chiave la riorganizzazione delle relazioni Usa – Ue e le scelte tecnologiche. Il primo, oltre al tema dei dazi, ma correlato a quello del contributo europeo alla sicurezza collettiva, troverà un momento di confronto importante nel vertice Nato di fine giugno. La probabilità di convergenza è elevata perché senza europei l’America non può sperare di mantenere lo status di prima potenza globale e senza l’America stessa gli europei non possono costruire un loro potenziale di sicurezza autonomo almeno per i prossimi 10 – 15 anni. Si sta profilando un accordo dove le euronazioni dovranno dedicare il 5% del Pil alla spesa di sicurezza. Sostenibile per l’Italia? Il 2% è già stato deliberato. Un restante 1,5% sarà sostenibile se includerà spese di sicurezza allargata che sono già nella contabilità dello Stato. Il restante 1,5% in prospettiva pluriannuale potrebbe diventare flessibile, per esempio l’inclusione nel computo Nato del programma britannico-italiano-nipponico di un caccia di sesta generazione (Gcap), ecc. In sintesi, per l’Italia la spesa sarebbe sostenibile pur nei limiti del suo spazio fiscale. Ma sarebbe anche molto stimolativa se indirizzata a sostenere innovazioni tecnologiche con ricaduta sul mercato civile. La Germania, come il Regno Unito, sta usando il riarmo massivo per sostituire o rivitalizzare alcuni settori industriali invecchiati, cioè per ricavare molto burro dai cannoni. L’Italia dovrebbe indirizzare le sue scelte di potenziamento nella sicurezza nei settori industriali dove è già forte: spazio, elicotteristica, mare sopra e sotto, missilistica e robotica. E attivare consorzi industriali in tali settori con aziende del G7 più nazioni compatibili e non solo europee. In tale architettura è stimabile un primato globale italiano in almeno 35 settori tecnologici critici utile per vantaggi sia geopolitici sia (geo)economici.
La tua privacy è importante
Utilizziamo, senza il tuo consenso, SOLO cookies necessari alla elaborazione di analisi statistiche e tecnici per l'utilizzo del sito. Chiudendo il Cookie Banner, mediante il simbolo "X" o negando il consenso, continuerai a navigare in assenza di cookie di profilazione. More info
Tutti
Cookie tecniciCookie analitici di terze parti