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Carlo A. Pelanda
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Libero

2013-9-1

1/9/2013

Non bisogna lasciare spazio alla Francia

L’incidente parlamentare del governo inglese impedisce l’usuale convergenza tra Londra e Washington, aprendo un’opportunità per la Francia di agire come partner primario dell’America nel teatro siriano e dintorni. Parigi la ha colta e ciò impone a Roma una ri-valutazione urgente dello scenario. Francia ed Italia (e Regno Unito) sono da sempre in competizione per l’influenza nel Mediterraneo allo scopo di ottenere vantaggi geopolitici poi convertibili in economici. L’Impero americano sta passando da un modello di controllo diretto ad uno indiretto dell’area mediterranea, in parte per risparmiare risorse e in parte per rischierarle sul fronte asiatico per scopi di contrasto all’espansione cinese. Non c’è una ritirata dell’America, ma un cambio di modello imperiale: coinvolgere gli alleati per la soluzione di problemi regionali, riservando all’America interventi politici e militari diretti solo in casi dove sia a rischio un interesse vitale. Per inciso, va ricordato che tale dottrina, denominata “dell’interesse nazionale” contrapposta a quella “globalista interventista” di Clinton, fu generata dall’Amministrazione Bush. Questa dovette sospenderla, ed invertirla, a seguito dell’attacco del 2001, ma la riprese appena possibile per motivi di costi. La dottrina del “guidare da dietro” è semplicemente la rinominazione obamiana di quella bushiana del controllo indiretto. E’ importante capirlo perché la dottrina implica il trovare per ogni area (sub)regionale un “proconsole” che guidi coalizioni di volonterosi che risolvano i problemi, con l’aiuto americano solo indiretto, per esempio il sostegno militare con mezzi remoti o solo aerei. Il punto: è aperta la competizione per chi prenderà il ruolo di proconsole imperiale per l’area mediterranea. Sarkozy ruotò la politica estera francese in direzione pro-americana anche per questo motivo. Il mandato proconsolare avrebbe permesso a Parigi di ri-bilanciare la relazione perdente con la Germania sia contrapponendo l’influenza nel Mediterraneo sia impedendo che Berlino diventasse l’interlocutore europeo unico dell’America. Tale mossa, poi, avrebbe rinforzatola pretesa della Francia – formalizzata in un trattato stupidamente firmato dall’Italia anni fa - di guidare la politica mediterranea della Ue, allineando sotto il suo comando Spagna ed Italia. Da quel momento il Regno Unito si ingaggiò sempre di più con la Francia non per assecondarla, ma per frenarla, “contaminando” la sua bandiera con quella inglese allo scopo, in particolare, di non lasciarle il ruolo proconsolare. Qui c’è il nuovo problema per l’Italia. Fino a che c’era Londra a tenere a bada Parigi, l’ambizione di questa non era preoccupante, pur con piccoli incidenti. Per esempio i due tentarono di sfilare la Libia all’Italia, ma Roma se la è ripresa nella misura utile a confermare i programmi locali delle aziende italiane ed i rifornimenti energetici. Ora che Londra non c’è e l’America è in grave difficoltà per isolamento, Parigi ha certamente l’interesse di aiutarla per finalmente ottenere in cambio il mandato proconsolare. L’Italia si è tirata fuori dall’operazione in Siria. Da un lato, ciò coincide con la miglior strategia di influenza e di vantaggio economico nel Mediterraneo e dintorni: parlare con tutti, non fare fesserie e farsi riconoscere da tutti come Honest Broker, cioè mediatore onesto. Le fesserie (forzature) fatte dalla Francia in Libia e in Siria hanno escluso Parigi da questo ruolo e dato un vantaggio a Roma. Ma la politica di mediatore onesto richiede il sostegno di una forza vera. Infatti Roma può ottenere vantaggi da questa posizione se viene percepita come alleato principale dell’America nell’area. Se la Francia la sostituisse in questo ruolo, allora la strategia del mediatore onesto perderebbe molta della sua capacità. Cosa fare? Da un lato, l’eventuale azione in Siria è una fesseria. Dall’altro, lasciare sola l’America anche quando fa fesserie significa rompere la relazione di fiducia. Da un lato, non possiamo permettercelo né possiamo rischiare che la Francia ci monti sopra perché perderemmo decine di miliardi di business potenziale nel Mediterraneo. Dall’altro, non possiamo ingaggiarci troppo nel caos siriano sia per non compromettere il profilo di onesto mediatore sia per non esporre a ritorsioni le nostre truppe schierate tra Libano ed Israele. Caso difficilissimo, ma bisogna decidere con realismo e non fare gli struzzi coprendosi dietro l’Onu, cioè mettendo il culo in aria al posto della testa, anche perché in questo caso c’è un gallo pronto ad infilarlo. Suggerisco di offrire le basi e il supporto logistico all’America per l’eventuale intervento in Siria e di aprire consultazioni riservate con Iran e sauditi, Mosca e Washington, nonché con Bashar Assad, per una possibile iniziativa italiana di congelamento del conflitto in Siria, proponendo Roma come sede della relativa conferenza.

(c) 2013 Carlo Pelanda
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