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Carlo A. Pelanda
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Libero

2013-4-9

9/4/2013

Il tempo per cazzeggiare in realtà non c’è

Nonostante i dati economici pessimi lo spread non si impenna né la Borsa va a picco come in teoria dovrebbero. Non vorrei che la politica interpretasse questa situazione come atteggiamento di fiducia sull’Italia da parte del mercato e ne derivasse l’idea che dopotutto non sia così urgente fare un governo. Per questo cercherò di spiegare il perché di un’anomalia temporanea nel mercato che favorisce l’Italia e di stimare quanto potrà durare. Tre le cause principali. Prima, il mercato finanziario non ha voglia di speculare al ribasso sia perché teme un crollo globale vista la fragilità dei debiti sovrani e dei sistemi bancari sia perché ritiene di guadagnare di più sostenendo la bolla borsistica alimentata con inondazioni di liquidità dalla Riserva federale statunitense, dalla Bce pur un po’ meno e, recentemente, dalla Banca centrale nipponica. Seconda, il mercato sta ricevendo il messaggio che la Bce interverrebbe pesantemente contro speculazioni al ribasso (ed al rialzo dei rendimenti) sui debiti delle euronazioni. Terza, non è chiaro chi stia dando tale messaggio, ma è evidente che una certa tranquillità sui mercati favorisca la campagna elettorale di Merkel, per le elezioni di settembre, mentre una tempesta che scuotesse l’euro la renderebbe perdente. La controprova è che oltre all’Italia anche Spagna, Grecia e Portogallo, tutte nazioni in seri guai, stanno beneficiando di una tregua e che la crisi bancaria in Slovenia, così come la terrificante gestione del caso cipriota, non abbiano prodotto, per il momento, contagio. Ma quanto durerà un tale clima artificiale? Gli attori del mercato finanziario globale stanno valutando se sia possibile tirare in modi continuistici la bolla borsistica in atto oppure se sia meglio usare una discontinuità, cioè far cadere le Borse per poi rialzarle in modo da avere uno spazio maggiore di crescita futura e più a lungo. Al momento sembra prevalga la prima ipotesi, anche perché le banche centrali stanno segnalando che vogliono una bolla lunga e continuista (è un modo indiretto per reflazionare le economie stagnanti). Ma il mercato potrebbe cambiare idea all’improvviso e cercare una scusa per far cadere i listini attorno ad un 15%. E di scuse ce ne sono tante, volendo: la crisi coreana quella più teatrale, quella dell’Eurozona la più impressionante, la proiezione di una decrescita strutturale prospettica della Cina quella più raffinata, la continuazione o meno della ripresa americana quella a cui veramente guarda il mercato, nel breve. Ma l’America terrà e ciò sostiene l’ipotesi continuista. Che è vulnerabile però all’eventuale avvio dell’offensiva contro l’euro. Tale scenario è latente, ma i suoi promotori sono attivi al punto da richiedere periodiche affermazioni sulla assoluta certezza dell’euro, la più recente quella della direttrice del Fmi, Lagarde. In sintesi, si può probabilizzare che la tregua possa continuare fino alle elezioni tedesche. Poi? Merkel vincente ammorbidirebbe i requisiti di austerità dell’Eurozona, mentre una vittoria socialdemocratica lo farebbe di meno. Ma in ogni caso tale ammorbidimento non arriverà al punto di graziare l’Italia. La fine del clima elettorale in Germania comporterà il riaccendersi del faro sul caso italiano, e di altri, e quindi l’evidenza di un sistema economico in depressione. Se per allora non ci sarà un governo credibile e capace di invertire la recessione, l’Italia sarà valutata a rischio di insolvenza e forzata ad entrare nel programma salvastati, perdendo la sua sovranità residua, con esiti greci. Poiché il mercato tende a scontare in anticipo gli eventi, già a luglio/agosto l’Italia dovrà provare di essere consistente per non diventare una scusa per i discontinuisti e/o gli scommettitori contro euro. E per riuscirci ci vogliono almeno 3-4 mesi di rodaggio governativo. Pertanto l’Italia è già in ritardo e per questo già a rischio gravissimo. Lo sappiano i politici che cazzeggiano convinti di avere tempo.

(c) 2013 Carlo Pelanda
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