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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2010-10-8Libero

2010-10-8

8/10/2010

Finalmente l’Italia si muove

Il contratto fiscale è la struttura portante di una nazione. In Italia, fin dalla sua fondazione 150 anni fa, è inadeguato per la sua natura centralista. Da qualche decennio è sempre più sia repressivo per eccesso di tassazione sia dissipativo per spreco di denari fiscali. Il programma di questi governo e maggioranza è cambiarlo. Finalmente possiamo dare la buona notizia di una accelerazione nella giusta direzione, in tre mosse: (a) modernizzazione del contratto dando autonomia fiscale, e quindi vera responsabilità amministrativa, alle Regioni; (b) nuovi strumenti per il controllo della spesa e della sua congruità; (c) riforma fiscale complessiva finalizzata alla riduzione delle tasse.

Probabilmente il lettore si chiede se questa sia la volta buona. Penso di sì. Ora c’è un impianto di riforma  coerente e fattibile, con un’agenda precisa, cosa finora mai successa. Segno che il governo fa sul serio. Ne è anche prova l’accorpamento in un unico disegno di legge di tre diverse linee di riforma per accelerare il complesso iter istituzionale di attuazione: valutazione da parte della Conferenza Stato-Regioni, ri-valutazione del disegno da parte del governo per eventuali aggiustamenti, dibattito parlamentare, ecc.. In sintesi, entro qualche mese potremmo avere un pacchetto completo di riforma al riguardo dei primi due punti detti sopra. Fatto questo, il governo chiederà al Parlamento la delega per impostare il terzo, cioè la riforma complessiva del sistema fiscale, con intento di riduzione delle tasse, per forza di cose successiva alla sua riorganizzazione territoriale. Troppo ottimista? Non mi sembra perché, appunto, l’agenda tecnica è fattibile. Ovviamente i tempi qui detti con speranza dipendono dalla tenuta della maggioranza. Se resterà coesa l’approvazione avverrà con buoni contenuti e presto. Per tale obiettivo anche noi, commentatori e lettori, possiamo contribuire cercando di capire bene la riforma ed i suoi vantaggi, nonché gli eventuali dettagli da correggere, e così creare un’ondata di opinione che minimizzi i dissensi motivati  da paure ingiustificate e dissuada chi si oppone per ragioni  “politichesi”. La prima cosa da capire, in generale, è che il disegno di riforma è ben calibrato, grazie ad un sistema, pur necessariamente complesso e graduale, di procedure perequative e di bilanciamento, per combinare l’autonomia fiscale locale ed il mantenimento dell’omogeneità del welfare sul territorio nazionale. Quindi è falsa l’eventuale accusa che il “federalismo” fiscale  voglia favorire le Regioni ricche a scapito del diritto della salute e della qualità dei servizi pubblici in quelle povere o meno industrializzate. Un’altra possibile accusa, questa volta dal popolo produttivo, è che il federalismo fiscale non riduca le tasse. Ma, attenzione, non è questo il suo scopo diretto. Infatti la riforma avviene in neutralità – o “invarianza” – fiscale. L’obiettivo vero è quello di dare alle Regioni più poteri per controllare la spesa di welfare da loro gestita in modo, poi, da ridurne gli sprechi, con incentivi a farlo, così creando spazio per detassazioni. Per rafforzare questa strategia il disegno comprende l’applicazione di “costi standard” (dal 2013) per diversi servizi, in particolare la sanità. Per esempio, una siringa deve costare ugualmente a Sud e a Nord, perché è logico che sia così, ma ora così non è per mancanza di controlli. Questi devono essere per forza locali. Il welfare è regolato nazionalmente, ma amministrato localmente, e quindi è nei luoghi che gli si può dare efficienza e risparmio. Dando potere (e criteri) ai luoghi si riduce così lo spreco dell’intero sistema permettendo di tagliarne i costi e, quindi, il volume nazionale della tassazione. Spero siano chiari la relazione indiretta tra federalismo fiscale, comunque modernizzante di per sé, e riduzione delle tasse complessive nonché i motivi per sostenere il primo affinché divenga possibile, poi, attuare la seconda. Seguiremo l’evoluzione del progetto, anche dando attenzione critica ai dettagli e predisposti a suggerire modifiche, ma con lo spirito di chi vuole veramente fare e cambiare e non di chi ne usa qualche inevitabile incompletezza iniziale come scusa per non fare e per non cambiare.  

(c) 2010 Carlo Pelanda
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