Appare utile un aggiornamento sulla ripresa per capire cosa potrebbe accelerarla nel 2014. Le capacità stimolative della politica economica sono minime: la riduzione delle tasse da un lato è stata compensata da un aumento su altri, con una formula pubblicitaria e non sostanziale che continuerà a penalizzare imprese e consumi. Infatti la ripresa è molto lenta per mancanza di stimolazioni forti del mercato interno basate su tagli rilevanti delle tasse e della spesa. Tipicamente, dopo una lunga recessione, se le condizioni esterne sono espansive, una sistema economico dovrebbe “rimbalzare” con una crescita molto robusta per qualche anno. Le condizioni sul piano del tiraggio della domanda globale e della ritrovata fiducia internazionale sul debito italiano sono buone e quindi dovremmo attenderci una crescita del Pil attorno al 3% nei prossimi anni, anche considerando i vincoli al pareggio di bilancio che limitano l’eventuale detassazione stimolativa. Ma il governo la prevede vicina allo 0,8%, il Fmi più vicina allo 0,6%, il miglior caso possibile verso l’1%: di fatto stagnazione senza riassorbimento della disoccupazione. Ciò comporta anche il rischio che la rinascita dell’ottimismo in atto poi venga delusa nel secondo semestre, riportando – per insufficiente conversione del risparmio privato in spesa per consumi – il sistema in recessione. Perché la politica economica e fiscale non riescono a liberare la crescita potenziale verso il 3% che sarebbe possibile, mantenendola stagnante? Con evidenza, il governo non riesce a tagliare la spesa per ridurre le tasse nella misura utile alla stimolazione. Non solo, invece di rimuovere due blocchi tecnici pesanti alla ripresa, quali il credito insufficiente e le barriere normative alle assunzioni, il governo ha tassato le banche e mantenuto barriere disincentivanti per l’accesso al lavoro. Ciò mostra che, pur riformatore a parole, è troppo condizionato da forze politiche anti-crescita. Tale situazione non cambierà nel breve termine e pertanto la speranza di incrementare il ritmo di crescita è affidata alla sola politica monetaria: (a) ridurre il cambio euro contro dollaro per favorire l’export e l’importazione di turismo extra-euro; (b) un programma di finanziamento speciale alle banche per aumentare il credito, con formule che ne favoriscano la trasmissione al mercato. Speriamo che la Bce lo decida presto perché se non lo facesse l’Italia resterebbe in stagnazione nel 2014. Ma l’opposizione della Germania a misure svalutative e di reflazione forte mette a rischio anche questa unica via di crescita per un Italia incapace di riforme.