La nuova dottrina statunitense della reciprocità commerciale (ti applico dazi e barriere simmetrici a quelli che tu applichi a me) può essere una piattaforma di convergenza negoziale tra Usa ed alleati?
Sul piano macro serve un chiarimento preliminare per capire la novità nella dottrina della reciprocità e l’inquietante commento di Donald Trump: finalmente la liberazione. Da che cosa? Dalla dottrina del commercio internazionale asimmetrico adottata da Washington all’inizio degli anni 60 dello scorso secolo per il timore di perdere gli alleati: esportate quello che volete, pur con eccezioni, in America senza obbligo di reciprocità nei confronti dell’export statunitense. Tale politica, finalizzata alla coesione della Pax Americana contro la sfida dell’Unione Sovietica, configurò il mercato internazionale semiglobale: gli alleati si diedero un modello economico trainato dall’export, principalmente verso l’America. Poi, finita la prima Guerra Fredda, il modello fu esteso alle nazioni prima inserite nel blocco comunista, imploso. Così l’America si trovò a reggere buona parte dell’export mondiale con impatto deindustrializzante sul suo mercato interno, caratterizzato da un pil trainato dai consumi (unica nazione al mondo). Da un lato, il deficit commerciale americano era bilanciato dai flussi di dollari investiti dagli esportatori nel mercato finanziario statunitense. Dall’altro, questo ciclo di capitale (che per inciso spinse il settore dei servizi finanziari e dintorni) non compensava la deindustrializzazione causata da un impatto concorrenziale eccessivo.
Quando l’America si accorse che non reggeva tale modello, in base ai dati statistici di impoverimento crescente a danno della classe media, iniziò a premere sugli alleati per un ribilanciamento dei flussi. Nel mio archivio tali tentativi iniziano nei primi anni 70 fino ad arrivare all’amministrazione Biden, senza successo. Per inciso, sarebbe importante che gli storici dell’economia producessero un resoconto dettagliato in materia. Trump, prendendo atto di questo fatto e osservando i sondaggi elettorali, ha deciso un metodo violento di ribilanciamento dei flussi che è sbagliato per l’economia americana e globale, ma intercetta il sentimento popolare di una ribellione dell’America contro il mondo da essa stessa creato: alleati scrocconi. C’è stato un primo bilanciamento interno all’amministrazione Trump che ha portato la dottrina del ribilanciamento da un dazismo generalizzato a uno più razionale: reciprocità. Gli alleati lo capiscono? In parte sì, in altra parte sono propensi a reagire con forza polemica in un contesto dove le singole nazioni cercano privilegi bilaterali con l’America per attutire i dazi contro settori di maggior rilievo economico.
Non va bene. Sarebbe più produttiva una fase negoziale per una definizione e censimento comuni dei dazi e barriere tariffarie e non, con lo scopo di aggiustamenti. Gli europei? Qualche protezionismo diretto e indiretto dovrebbero abbandonarlo.