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Carlo Pelanda: 2022-5-28Verità and Affari

2022-5-28

28/5/2022

L’economia chiama un ecoadattamento rapido ed efficiente

Tra i rischi individuabili nello scenario economico europeo ed italiano del prossimo ventennio spiccano i seguenti: a) scarsità/costi dell’energia; b) dei materiali critici, in particolare minerali; c) impatto del cambiamento climatico sulle produzioni agricole e sulla viabilità/produttività basica del territorio. Al momento il contrasto dei primi due tende ad essere gestito con una diversificazione delle importazioni. Ma un rapido macrocalcolo, pur non smontando la necessità di tale soluzione, rileva un gap che per essere compensato richiede un’evoluzione tecnologica molto accelerata dei sistemi produttivi residenti. Il terzo rischio tende ad essere affrontato con una politica di decarbonizzazione che mira a ridurre l’effetto serra allo scopo di mantenere entro 1,5 gradi il riscaldamento del pianeta entro fine secolo. Ma sempre più analisti osservano che il cambiamento climatico sta impattando adesso e non tra decenni: pertanto, senza togliere enfasi alla decarbonizzazione, bisogna aggiungere la spinta verso politiche e tecnologie di ecoadattamento. Tutto ciò apre una sfida cognitiva al pensiero tecnologico-economico europeo (e non solo): come integrare efficienza energetica, contrasto alla scarsità di materiali critici ed ecoadattamento per creare un sistema dove questi tre fattori instaurino una relazione reciprocamente amplificante che

faciliti la realizzazione di ciascuno. In altri termini, l’economia deve dare più attenzione al  segmento primario (risorse basiche) perché la sua vulnerabilità mette a rischio quelli secondario e terziario. Nel think tank dello scrivente c’è stato dibattito sul titolo da dare a questo programma di ricerca: alla fine i ricercatori hanno votato in maggioranza “Ecologia artificiale” (contro “Ecoprotesi tecnologiche”), cioè la strutturazione di un substrato artificiale e non più solo naturale all’economia primaria. Tale “Teoria guida” (che non è una novità perché l’agricoltura ha artificializzato il pianeta, antropizzandolo, a partire dagli ultimi 10mila anni) ha portato la ricerca ad un’analisi di fattibilità per valutare, se ci sono, i precursori di un salto ecotecnologico in più. Ci sono.

A Dal settore industriale delle caldaie italiano (fattura quasi 4 miliardi ed esporta il più dei prodotti) viene un’idea molto innovativa: centrare il disegno di un habitat produttivo o civile sul sistema termico sostituendo l’approccio tradizionale di fare prima l’habitat e poi metterci il sistema termico stesso, considerandolo quasi un accessorio. Tale enfasi sulla termodinamica microclimatica di uno spazio di lavoro o abitazione o comunque ad alta convergenza di massa (per esempio un centro commerciale) comporta una ricerca di efficienza energetica già in fase di disegno o ridisegno. Non solo: implica anche un modello sistemico del territorio che immetta a filiera fonti di energia pulita sempre più compensative di un minor ricorso ai combustibili fossili. Non solo: l’aumento di habitat con microclimi efficienti permette di rendere sicure le attività secondarie (industrie) e terziarie (servizi) in relazione a variazioni climatiche estreme, fredde o calde. Non solo: tale ingegneria di sistema porta a rendere il territorio “smart”, cioè il controllo informativo di ogni kilometro quadrato che poi facilita nel settore agricolo quello di ogni centimetro quadrato per aumentare millimetricamente le produzioni alimentari, anche queste sempre più protette da microclimi artificiali, così permettendo l’ecoadattamento. Si consideri che c’è una relazione tra energia ed informazione (equazione cibernetica) e più si aumenta la prima meno si deve consumare la seconda.

B L’Italia è campione mondiale dell’economia circolare (anche perché economia di trasformazione) e vi sono residenti molte tecnologie capaci di creare “miniere urbane”. Queste sono state già sviluppate nel mondo per il recupero di materiali particolarmente preziosi da manufatti esauriti. Ma, poiché i costi di fornitura estrattiva per almeno 40 minerali/materiali critici hanno una tendenza all’aumento, ora diviene conveniente estendere il riciclo. Ciò non implica rinunciare a riaprire miniere di rame, cobalto, ecc. (abbondanti in Italia), anzi, ma permette di creare un ciclo artificiale delle materie basiche che riduce l’impatto su quello naturale. L’idea si sposa con l’efficienza energetica e con l’ecoadattamento, sinergizzandoli.

C Tra siccità, bombe d’acqua, regimi termici ai quali la materia verde delle latitudini temperate non sono adattate, l’agricoltura tradizionale mostra sempre più vulnerabilità. Una soluzione è coltivarla entro perimetri microclimatizzati indipendenti dall’ambiente esterno. Una correlata è quella di rendere chiuso il ciclo delle acque del territorio. Un’altra, per alcune tipologie, è quella di modificare la genetica delle piante per renderle più resistenti a variazioni estreme del clima. La diffusione di habitat microclimatizzati permetterà la viabilità delle attività antropiche pur in situazioni climatiche ostili. Nel futuro potrebbero servire strutture ed infrastrutture che contengano impaludamenti dovuti all’aumento del livello del mare. Ecc.

In conclusione, l’ipotesi corroborata è che i tre rischi sistemici possano essere mitigati da prevenzione integrata che, inoltre, attiva un ciclo di capitale espansivo. Il punto: la situazione corrente porta a rielaborare il concetto (vago per altro) di sostenibilità: modificare l’ambiente, artificializzandolo, per sostenere le attività antropiche.

(c) 2022 Carlo Pelanda
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