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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2003-2-15il Giornale

2003-2-15

15/2/2003

Doppio gioco

Il penoso, ma burocraticamente corretto, cerchiobottismo di Blix e le posizioni sentite in sede Onu erano scontati. La novità riguarda la conferma che la fatica dell’America sta aumentando. Lasciatemela analizzare con freddezza e con una premessa. Nell’estate del 2002 l’amministrazione Bush si divise tra sostenitori della bonifica unilaterale dell’Iraq e chi invocava la necessità di legittimare l’azione entro un mandato Onu. Non furono semplici litigi tra falchi e colombe, come molti media banalizzarono, ma due diverse valutazioni tecniche dei costi e benefici. L’azione determinata e secca avrebbe dato il vantaggio di una soluzione rapida della questione e meno costi negoziali per il consenso. Ma avrebbe creato un serio problema di legittimità internazionale che avrebbe pregiudicato la gestione del dopo, cioè la stabilizzazione dell’area, precursore essenziale per la pacificazione della Palestina. D’altra parte si temeva che l’agire entro il consenso dell’Onu avrebbe generato costi e rischi molto elevati: si sarebbe data un’opportunità a Saddam di prendere più tempo e ad altre nazioni di ricattare gli Usa. Tra i due rischi fu preferito questo perché Powell convinse gli altri che con molta pazienza e pressioni alla fine si sarebbe ottenuta la copertura dell’Onu ad un costo ragionevole. Ora è evidente che l’America sta trovando molta più difficoltà nel farlo. La domanda chiave, pertanto, è se l’America agirà fuori dal mandato per evitare blocchi e ricatti oppure continuerà ad aspettare il tempo necessario per riuscire a vincere il consenso negozialmente. La determinazione di disarmare Saddam, sostituendolo a causa della non credibilità di qualsiasi suo impegno, resta fissa e in ogni caso l’America agirà. I nuovi dubbi riguardano il come.

Cosa è successo di imprevisto? Saddam ha trovato più amici (di fatto) di quanti si poteva immaginare. Perché si creata un combinazione di interessi anti-americani tra Francia, Russia e Cina. Inizialmente, in autunno, ciascuna di queste nazioni – dotata del potere di veto - aveva cominciato il solito gioco nel Consiglio di sicurezza: mettere i bastoni di traverso per alzare il prezzo del consenso per poi darlo con un buon profitto. Garanzie petrolifere a Parigi, mano libera a Putin in alcuni scacchieri e più petrolio, vantaggi commerciali a Pechino. Tale era la lista dei baratti in costruzione e Powell pensava che il prezzo non era eccessivo. Ma ad un certo punto queste nazioni hanno visto che il vantaggio poteva essere ben superiore. La Francia non ha solo l’interesse a difendere la buona posizione delle proprie aziende petrolifere in Iraq, i contratti militari con Saddam, ma soprattutto quello di trovare un modo per essere importante nel gioco mondiale. In modo da trasformarlo in vantaggio per pretendere la conduzione dell’Europa. Quando ha visto che la Russia non solo tirava sul prezzo, ma restava di traverso, che la Germania si era appecoronata dietro Parigi e che la Cina stava giocando una partita diversa dal solito e più ambiziosa, allora ha colto la palla al balzo. Per altro, la Cina ha visto la possibilità di mettere seriamente in difficoltà gli Usa come potenza dominante in Asia, per esempio arrogandosi una capacità condizionale nel trattamento del caso nordocoreano. Dove l’obiettivo di lungo termine di Pechino è quello di sbattere fuori gli americani dal Pacifico. Più misteriosa è la posizione della Russia. Ma evidentemente c’è una preoccupazione di Mosca - che i suoi think tank strategici ed altre élite nel circolo di Putin manifestano con crescente intensità dalla guerra in Afghanistan in poi – nel vedere crescere lo strapotere statunitense nell’Asia centrale. E forse ciò le ha fatto valutare come più vantaggioso porvi un limite che semplicemente chiedere un prezzo. In sintesi, nel momento in cui l’America si è mossa per negoziare un sostegno ha mostrato un fianco debole e le nazioni competitrici hanno trovato una congiuntura favorevole. E ne stanno approfittando. Al punto di far pensare che sia possibile ottenere una grande vittoria geopolitica sugli Usa in grado di modificare la natura stessa dell’ordine mondiale. Si vagheggia, a porte chiuse, una possibile resa di Saddam ad un Onu senza americani, di tentazioni eurasiatiche, ecc. Questo mi sembra il punto principale: alle nazioni dette della sicurezza e del pericolo dell'Iraq interessa ben poco. Vedono il caso come uno strumento per mettere in trappola l’America. Probabilmente questa ne uscirà tentando fino all’ultimo di riordinare le altre potenze entro una linea meno avventurosa e di ottenere il loro consenso in sede Onu in modo da evitarne la crisi. Ne ha i mezzi. Ma per favorire questo scenario, da ieri più incerto, gli alleati dovranno esprimersi con più determinazione per dare un sostegno ad un’America esposta a ricatto. Il governo Berlusconi sta agendo con grande responsabilità in questa direzione. Ma ne vedo di meno nelle strade: troppo pacifismo strumentale in mezzo a quello sincero, troppo opportunismo in tanti politici, tanta fuffa nei media, al punto da pensare che Saddam abbia messo su libro paga mezza stampa italiana, Rai 3 gratis. Il senso di questo articolo è stato il mostrarvi quale sia la vera partita sotto la nebbia delle false questioni morali: o Occidente o Eurasia. Poiché la seconda ha preso un palo ed è all’attacco è il momento di fare squadra e fare noi goal.

(c) 2003 Carlo Pelanda
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