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Carlo Pelanda: 2016-3-13Libero

2016-3-13

13/3/2016

Inizia la ribellione contro la Germania

Sta diventando più evidente che l’Europa guidata dalla Germania abbia un destino di fallimento. Se non si trova un modello meno germanocentrico il sistema europeo perderà stabilità creando impatti devastanti nelle nazioni. C’è uno spiraglio di realismo da dove iniziare una revisione pragmatica del sistema che implica una riduzione del potere dominante? C’è in forma di ribellione all’Europa germanocentrica. Un numero crescente di nazioni vuole staccare o ridurre i legami con la Ue. Quelle della zona euro, per lo più, rifiutano compattazioni basate sul criterio tedesco. La recente azione di Berlino nei confronti della Turchia (soldi e facilitazioni per gli accessi alla Ue in cambio di contenimento dei profughi siriani) caratterizzata da un marcato unilateralismo e disegnata in modo maldestro, ha fatto perdere leadership alla Germania nei confronti degli altri europei. In particolare, da irritante diviene pericoloso per tutti gli europei il fatto che Berlino agisca in base alla priorità dei suoi interessi nazionali mettendo in secondo piano quelli politici del sistema di alleanze alle quali appartiene. Ciò la porta a non fare scelte precise e forti, di visione, in un momento storico che le richiede, portando l’Ue intera in posizione d’irrilevanza negli affari globali. Con la complicazione che Berlino esibisce il dominio sull’Europa come motivo per trattare con status di potenza G3 alla pari con Cina e Stati Uniti, ma tenendo una posizione terza, per prevalenza dell’interesse nazionale mercantilistico, che è strategicamente perdente. Continua anche in questo secolo un pensiero geopolitico tedesco abile nelle tattiche, ma imbecille nella grande strategia. Non serve spendere molte parole, poi, sulla stupidità (tecnica) del criterio tedesco in campo economico: idealismo monetario, stabilità al prezzo di compromettere la fiducia. Il nazionalismo fiscale, ostile alla mutualità europea, non è una caratteristica solo tedesca, ma si distingue per intensità a causa di un elettorato prevalentemente con cultura chiusa “di valle” e non di “spazio aperto”. Più parole dovrebbero essere spese sul perché il provincialismo economico tedesco sia diventato eurocentrico. La colpa è della Francia, anch’essa caso storico d’imbecillità strategica, che ha voluto usare l’euro come strumento per controllare l’emergere della potenza singola tedesca dopo la riunificazione, dando alla Germania il potere di disegnare l’euro stesso secondo i propri criteri in cambio della rinuncia al marco. Così l’idea di europeizzare la Germania è diventata veicolo per la germanizzazione dell’Europa. Lì è iniziato il disastro che ora si manifesta come frammentazione dell’Ue e insostenibilità dell’Eurozona. La Francia tenterà di utilizzare l’indebolimento della leadership tedesca per riequilibrare la relazione nella diarchia e non per de-germanizzare il modello europeo. Né Francia né Germania, per altro, hanno una vera vocazione europea. La prima sviluppò nel 1963, dopo la sconfitta nelle guerre coloniali, un’idea di Europa francocentrica come moltiplicatore strumentale della forza nazionale decrescente per tentare di restare impero. La Germania accettò la seconda posizione nella diarchia offerta dalla Francia come requisito per la sua riunificazione, totalmente concentrata su questo progetto nazionale. Poi si è trovata al centro dell’Europa senza veramente volerlo, ma recentemente apprezzando i benefici nazionali di questo signoraggio che ora non vorrà mollare. La ribellione in aumento contro la fallimentare leadership tedesca e la diarchia franco-tedesca potrà avere conseguenze modificatrici? Solo se l’Italia come terzo Paese più forte, ma quasi secondo, del continente riuscirà a costruire una direzione a tre, con Berlino e Parigi, rappresentando le nazioni che vogliono un modello di Ue e di Eurozona dove tutti possano stare comodi, cosa che implica una configurazione meno germanocentrica. Forse è fantapolitica evocare tale ipotesi, ma certamente è realtà il fallimento del modello europeo germanocentrico, la necessità di correggerlo e una nuova rilevanza oggettiva dell’Italia per tale azione. Suggerisco di abbandonare le posizioni sia euroscettiche sia euroliriche e di concentrare il pensiero strategico nazionale sul come, con chi e cosa, condizionare Germania e Francia per modellare un’Europa che funzioni. Secondo me c’è qualche chance: Draghi ha mostrato che l’impossibile in Europa può diventare prassi e ciò deve far pensare in modi nuovi, audaci.

(c) 2016 Carlo Pelanda
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