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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2015-1-12Libero

2015-1-12

12/1/2015

Compattare l’Occidente e dividere l’Islam

Finisca il tempo delle emozioni confuse e si apra quello della strategia: parliamone liberamente sui giornali concorrendo per la migliore. C’è una guerra in atto, ma manca la sua precisazione: quali sono esattamente il nemico, il suo progetto, la condizione di sua vittoria/sconfitta, le risorse necessarie per sconfiggerlo in relazione a quale calcolo costi/benefici? La nemicizzazione è un’azione che non può essere guidata solo da emozioni, ma deve essere regolata da un calcolo razionale di utilità. L’opinione pubblica delle democrazie è divisa tra chi vede come nemico l’Islam nel suo complesso o entità selettive al suo interno o non se la sente di definire un nemico caratterizzato come islamico. Certamente l’Islam (obbedienza) è una minaccia potenziale per le culture diverse in quanto il suo codice religioso prescrive la conquista, variando solo i modi: o più lentamente attraverso assorbimenti basati sulla tolleranza e convivenza apparenti, ma nell’ambito di una strategia di dominio a lungo termine (slow Islam) oppure violentemente, quindi più rapidamente via eliminazione delle diversità (fast Islam). Chi persegue la seconda variante teme che un’islamizzazione del globo troppo lenta e compromissoria sia vulnerabile alla degradazione del codice o per secolarizzazione o per contaminazione. Semplificando, in teoria dovremmo definire l’esistenza stessa dell’Islam come una minaccia potenziale costante, in particolare per le democrazie che sono con evidenza l’anti-Islam più potente e contaminante. Ma, in pratica, non è conveniente definire come nemico un sistema fatto di un miliardo e mezzo di credenti e con risorse importanti. Pertanto è razionale definire selettivamente il nemico in una scala più maneggiabile che è quella dei seguaci e militanti del “fast Islam”. Ciò ha anche il vantaggio di non mettere sotto pressione le comunità islamiche “slow” dando tempo all’effetto secolarizzazione. Infatti il nemico “fast” fa un’analisi corretta del problema dal suo punto di vista. Il progetto del nemico: mostrare che Allah è forte solo nella strategia “fast” e convincere sempre più Imam a predicare questa variante facendola prevalere nella comunità islamica complessiva (ummah). Ciò definisce l’obiettivo della strategia delle democrazie: sconfiggere in modo eclatante le manifestazione del fast Islam per dimostrare che quella variante è debole, quindi suggerita dal demonio come sabotaggio della grandezza di Allah. Non è una soluzione per il problema della strategia lenta del resto dell’Islam? Lo è indirettamente perché favorisce la nascita di varianti teologiche più accomodanti, oltre a permettere l’inclusione di parecchi Stati islamici nella strategia occidentale. Questo tipo di nemicizzazione è adatta al nuovo contesto dove il fast Islam non è più solo Al Qaeda, ma è fatto da più bandiere vincenti dovunque. Ciò costringe l’Occidente ad intervenire su tutto l’Islam, con violenza totale contro la variante fast e capacità condizionante in quella slow. In sintesi, il punto di vittoria per la nuova strategia delle democrazie è la capacità di stabilire quale islamico sia buono e quale cattivo e dare conseguenze concrete a tale definizione in termini di ricompensa/punizione. Una parte della strategia implica l’eliminazione di tutte le manifestazioni del fast Islam, Boko Haram e Stato islamico prima di tutto, e quindi l’impiego di risorse militari dotate di superiorità assoluta perché il consenso nelle democrazie debellicizzate è vulnerabile a perdite, probabili in caso di superiorità insufficiente. Questo requisito più quello di dare ricompense e punizioni nonché di prevenire destabilizzazioni per attacchi di controreazione da parte del nemico potrà essere soddisfatto solo dalla compattazione coordinata delle risorse di tutta l’area delle democrazie. Per esempio, per gestire un caso di “Torri 2” euro e dollaro devono convergere per ricostruire con iperliquidità la fiducia del mercato globale. La superiorità assoluta implica, per esempio, poter colpire (o marcare) dall’orbita un combattente nonché gestire elettronicamente un’area di battaglia, saturandola. Tutto questo costa e impone un’alleanza delle democrazie configurata come mercato integrato per reggere lo sforzo. Ma in questo caso il costo sarebbe inferiore al vantaggio del maggiore sviluppo spinto dalla creazione di tale mercato integrato e dalle innovazioni militari. Il punto: possiamo vincere e trasformare i costi ed i rischi in vantaggio sistemico. Vignettatelo, per favore.

(c) 2015 Carlo Pelanda
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