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L'intervista/ Carlo Pelanda ad Affari: il governo non dialoghi con i nemici del G8

Io, l’«imputato» McDonald’s e i miei 45 milioni di clienti
di Jack Greenberg
McDonald’s, la società di cui sono presidente, è il bersaglio della campagna contro la globalizzazione. Come «imputato» del processo al liberismo e ai mercati globali chiedo di potermi difendere. Durante i quattro giorni di protesta a Seattle nel 1999 contro la Wto, solo un numero esiguo di persone, compreso fra 100 e 2 mila, ha causato danni ai nostri esercizi. Nello stesso periodo 175 milioni di persone hanno frequentato McDonald’s in tutto il mondo. Quale di queste cifre è più significativa? (
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"Se fossi il governo, starei molto attento a dialogare con il popolo di Seattle. Si rischia di legittimare gli antagonisti, gente raffinata che gestisce la regia della protesta e che non è affatto contraria allo scontro, anzi lo ritiene necessario". Carlo Pelanda, professore di Economia all'Università della Georgia, in un'intervista ad Affari, mette in guardia le istituzioni e i governi che fanno riferimento al vertice G8 di Genova, dal cercare di venir incontro alle richieste degli antiglobalizzatori, che intendono la lotta e la contrapposizione come l'unica strategia utile e necessaria per raggiungere il loro scopo: visibilità politica.
Cercare quindi di capire e smascherare quali siano realmente questi presunti interlocutori dei Paesi industrializzati, è l'unico modo per non permettere ai contestatori di combattere per conto dei Paesi più poveri una battaglia che in realtà è meramente ideologica.

Professor Pelanda, lei ha lanciato una sorta di pacato allarme al governo italiano che cerca il dialogo con il popolo di Seattle: attenzione, rischiate di legittimare una forza politica che vuole visibilità attraverso la violenza
Proprio così. Partiamo dalla genesi del movimento. Tutto è cominciato nel '92, quando a Rio De Janeiro il Social Forum si riunì per un vertice parallelo a quello ufficiale sull'Ambiente. Erano molto pacifici, con i loro contenuti e le loro idee. C'erano animalisti, ambientalisti che cercavano di attirare l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica in modo assolutamente gentile e non violento.

I leader dei contestatori antiglobalizzazione, consulenti dei ministri Turco, Bindi e Veronesi
Contestatori duri e puri, pronti più allo scontro che al dialogo, nemici giurati di tutto ciò che rappresenta potere e interessi economici. Eppure due leader anti-globalizzazione che sono protagonisti di questa fase che precede il G8 di Genova, sembra che col potere e le istituzioni abbiano avuto a che fare. (
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E poi che è successo?
Poi hanno compreso che quella strategia non pagava, e che l'ambientalismo doveva diventare eco-sabotaggio, eco-terrorismo. Hanno capito che l'attacco, e spesso la violenza, pagavano di più. Io posso dirlo perché molti teorici di questo cambiamento li ho avuti come studenti. Quelle stesse persone che, nel 1999 a Seattle, hanno realizzato che solo attraverso il disordine si poteva raggiungere la visibilità e l'attenzione dei media necessaria e quindi la legittimità politica voluta.

Forse attraverso strategie solo pacifiste, i risultati non erano stati incoraggianti per i contestatori, e la violenza è stata solo una degenerazione della battaglia antiglobalizzazione.
Attenzione a non sottovalutare le teste pensanti dell'intero movimento. A costoro fa comodo avere persone violente e facinorose, che spacchino tutto, perchè è soprattutto grazie a loro che si finisce sui giornali. Attenzione a dividere nettamente i buoni dai cattivi. Molto spesso i primi vogliono che esistano i secondi. La regia degli scontri è molto più raffinata di quanto si creda. Quelli che adesso guidano i movimenti sono i migliori studenti, i possessori di dottorati di ricerca, i fenomeni di Internet. Tutta gente che tra l'altro è difficile da scoprire. Sono convinti che prima della legittimazione, bisogna passare per il riconoscimento, anche attraverso il sangue

Allarme G8/ Jacchia (Luiss) ad Affari:
"Ricordatevi del gas nervino in Giappone"

Gli allarmi legati al G8, il vertice delle maggiori potenze mondiali in programma a Genova dal 20 al 22 luglio prossimi, si moltiplicano. Non nasconde la preoccupazione nemmeno il presidente del Consiglio Berlusconi, anche se rassicurazioni e cauto ottimismo arrivano dal ministro dell'Interno Scajola. (
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Il popolo di Seattle è molto più smaliziato di quanto vogliano far pensare
Sono molto preparati e per niente legati all'improvvisazione. C'è una filosofia politica e morale alla base di tutto. Nel mondo anglossassone, negli Stati Uniti e in Inghilterra prima di tutti, si è vissuta la morte della sinistra radicale, l'assenza di una forza che rappresentasse i deboli. Questo vuoto può essere colmato con questi movimenti, che potrebbero rappresentare le istanze tradizionalmente in mano alla sinistra vera e propria. L'anticapitalismo ha preso vie meno ideologiche ma assai pià raffinate. L'ambientalismo appunto, che poi diventa ecoterrorismo.

Di nuovo la lotta al capitalismo, tornano vecchi concetti
Ma per il popolo di Seattle ancora attuali, sono cambiati i protagonisti. Ora si combattono le multinazionali, il vero potere, e non i governi, non la politica in senso stretto. E lo si può fare anche attraverso la violenza. Oppure attraverso il ricatto e la demonizzazione dell'avversario: colpire le grandi aziende in modo che queste cerchino poi di venire a patti.

Il contro G8/ Lucchesi (rete Lilliput): "Un servizio d'ordine? Ci affidiamo al senso di responsabilità della gente"
Il vero pericolo di Genova? Ci sarà se non ci daranno le autorizzazioni per manifestare. Fabio Lucchesi, rappresentante della segreteria di Lilliput, la rete di circa 700 associazioni che sta tessendo il controvertice del G8, il Genoa Social Forum (Gsf), è categorico. (
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Venire a patti in che modo?
Magari sovvenzionando, più o meno indirettamente le stesse organizzazioni di protesta, che possono vantare bilanci straordinari, grazie agli aiuti economici delle multinazionali stesse che preferiscono cercare la non belligeranza, anche sovvenzionando quelle fondazioni ambientaliste, le cui ricerce sono proprio la causa di scontro.

Insomma, concludendo, niente dialogo e niente legittimazione con il popolo di Seattle
Almeno si sappia con esattezza chi è il nemico, riconoscendo quali sono gli obiettivi veri. Paradossalmente loro hanno capito che non è più tempo di confrontarsi con le istituzioni, ma con i veri poteri rappresentati dalle multinazionali, che poi condizionano i governi. E sono talmente smaliziati da aver compreso che con questo potere si può, con profitto, scendere a patti. Sembra fantapolitica ma, credetemi, non lo è affatto