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Carlo A. Pelanda
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Libero

2011-8-9

9/8/2011

Servono nuovi strumenti di politica economica

Attualmente lo Stato sta finanziando la spesa pubblica con un deficit poco sotto il 4% del Pil, circa 60 miliardi. La Bce, su pressione tedesca, ha imposto all’Italia di arrivare al pareggio di bilancio entro il 2013 come condizione per sostenere i titoli di debito italiani a rischio di sfiducia crescente. Il governo italiano ha accettato pubblicamente il diktat. Quindi dovrà sul serio tagliare in due anni 60 miliardi strutturali per azzerare il deficit. Probabilmente la cifra da ridurre sarà minore, attorno ai 50 miliardi, in quanto la condizione di pareggio ammette un piccolo deficit dello 0,2% e il Pil aumenterà di un po’ nel biennio, pur sotto le previsioni (nel 2011 non si arriverà all’1% di crescita, il 2012 non promette bene). Tale cifra, reperita finora con indebitamento, verrà a mancare nell’economia italiana. Quindi si profila un rischio di deflazione nel mercato interno, cioè di impoverimento, per rigore troppo accelerato. Tale rischio, per evitare che si realizzi come impoverimento, va bilanciato con una superstimolazione e/o strumenti speciali.

Mentre i tagli avvengono subito, gli effetti della stimolazione economica hanno bisogno di un tempo tecnico per avere effetto. In questo intervallo ci può essere una recessione dei redditi e dei consumi interni non bilanciabile dall’export. La poca crescita, o perfino recessione, abbasserebbero il gettito e aumenterebbero il volume dei tagli per raggiungere il pareggio di bilancio. Ridurre tale rischio alzando le tasse significherebbe peggiorarlo. La lettera inviata da Trichet al governo, infatti, conteneva istruzioni molto dettagliate su cosa tagliare per attutire l’impatto deflazionistico e su come stimolare per avere un maggiore effetto crescita. Per esempio, allungare i tempi di pensionamento non toglie denaro dal sistema, ma permette di mettere nel bilancio un risparmio. Così come rendere più flessibili i contratti di lavoro incentiva le imprese ad investire, da subito. Vedremo nei prossimi giorni come il governo interpreterà le istruzioni e cosa ci metterà di suo. Ma se è credibile l’ottenimento del rigore, anche per il diktat di mettere in Costituzione l’obbligo al pareggio, non lo è altrettanto il varo di misure superstimolative. Queste, infatti, implicano liberalizzazioni molto vaste del mercato del lavoro e di settori dell’economia italiana finora protetti o pubblici, azione che comporterà inevitabili dissensi e ritardi. Per tale motivo bisogna aggiungere uno strumento di politica economica a quelli ora in studio: un Fondo sovrano con missione speciale. In questo potrebbero essere trasferiti parti del patrimonio pubblico immobiliare, delle partecipazioni statali, nonché di alcune comunali e regionali di particolare rilievo e diritti di concessione. La missione del Fondo dovrebbe essere quella di valorizzare i beni, venderli al momento opportuno, cartolarizzarli per estrarne liquidità senza venderli, ecc., in modo da ottenere risorse utili a comprare titoli di debito o nelle aste di rifinanziamento, per calmierare i prezzi, o per abbattere una parte del volume assoluto del debito stesso. Ma, soprattutto, potrebbe emettere obbligazioni, se ben disegnato, con rating AAA superiore a quello dello Stato italiano e quindi ad un costo inferiore. Ciò servirebbe allo Stato per: (a) reperire soldi per investimenti pubblici pur nel divieto di deficit; (b) ridurre il debito e la spesa annua per interessi; (c) fare interventi d’emergenza “sovrani” nei picchi di crisi finanziaria nonché aumentare il contributo italiano alle azioni europee di salvataggio di altri. Tale strumento, costruibile entro un biennio, sarebbe un formidabile aiuto per attutire l’impoverimento da rigore e dare aggiunte di liquidità, altrimenti irreperibili o troppo costose, al sistema economico. Spero che nel governo ci sia qualcuno che capisca queste cose, in caso contrario prego la Bce di inviargli un’altra lettera riservata di istruzioni.

(c) 2011 Carlo Pelanda
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