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Carlo A. Pelanda
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2015-2-2

2/2/2015

Alla stimolazione monetaria va aggiunta quella fiscale

Due settimane fa le previsioni di crescita dell’Italia sono state revisionate al rialzo per l’inserimento dell’effetto stimolativo dovuto all’allentamento monetario deciso dalla Bce. Le stime di crescita del Pil sono passate dallo 0,4% all’1% e dall’1% allo 1,5% nel 2016, calcolando: (a) l’impulso della svalutazione dell’euro sia sull’export sia sull’importazione di turismo; (b) i minori costi sistemici dovuti al crollo del prezzo del petrolio; (c) un miglioramento del credito ad imprese e famiglie grazie alla massa di liquidità a basso costo immessa dalla Bce nel sistema bancario; (d) una riduzione del costo di rifinanziamento del debito pubblico basato sulla disponibilità della Bce ad acquistarne i titoli, cosa che permetterà un risparmio tra i 3 e 4 miliardi annui nel bilancio statale. La scorsa settimana le previsioni dette sono state ulteriormente rivisitate alla luce di nuovi dati. La svalutazione dell’euro contro dollaro ha iniziato a mettere in difficoltà, nel 4° trimestre 2014, i bilanci di parecchie aziende statunitensi e, probabilmente, è una delle cause di una crescita del Pil americano inferiore alle attese. Ciò fa ipotizzare che l’America potrebbe non lasciare tanto, o tanto a lungo, spazio competitivo alle merci eurodenominate. Inoltre, un po’ tutte le monete del mondo stanno svalutando il cambio, aprendo uno scenario di guerra valutaria tutti contro tutti. In sintesi, la maggior leva di reflazione e ripresa mossa dalla Bce potrebbe non avere l’effetto sperato. Così come il calo del prezzo del petrolio potrebbe essere minore e di minor durata di quanto previsto. Il crollo dei prezzi, infatti, ha azzerato nuovi investimenti e distrutto le produzioni più costose immettendo nello scenario una previsione di relativa scarsità prospettica e quindi di rialzo dei prezzi stessi. La trasmissione dello stimolo monetario al mercato avviene via banche, ma la loro offerta di credito è condizionata a situazioni che troppe aziende segnate dalla lunga crisi non possono rispettare. La domanda di credito, poi, dipende dalla fiducia nel futuro: questa cresce, ma molto lentamente. L’export volerà, ma molti mercati non-euro di sbocco importeranno di meno: la Russia in crisi profonda, la Cina in rallentamento, il Giappone nuovamente a rischio di stagnazione, i produttori di petrolio colpiti, temporaneamente, da meno ricavi, ecc. I sintesi, la ripresa spinta dallo stimolo monetario potrebbe essere di entità minore e più lenta. L’unico modo per rinforzarla è quella di aggiungere uno stimolo fiscale sincronico, cioè ridurre le tasse per rivitalizzare il mercato interno.

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