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Carlo A. Pelanda
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2007-6-4

4/6/2007

La nuova geopolitica dell'energia

Il prossimo summit dei G8 a Heiligendamm avrà come tema principale l'ambiente. Ma non è una svolta ambientalista. Sotto c'è la geopolitica dell'energia e l'uso dell'ambientalismo nelle nuove politiche di potenza. Vediamo.

Un cenno per capire lo scenario. La Cina ha cambiato la sua politica estera da regionale a globale per assicurarsi sufficiente petrolio e gas per evitare crisi di approvvigionamento. Grazie alla enorme disponibilitò di gas e petrolio, sempre più costosi, la nuova Russia ha abbandonato la politica di dipendenza dall'Occidente e ricatta con la sua nuova forza energetica l'Europa per ottenere con le brutte quello che non aveva avuto con le buone, per esempio lo stop dell'espansione ad oriente della Ue e l'indipendenza del Kosovo dalla Serbia. La Germania, che dipenderà sempre più dal gas russo, si è molto preoccupata e ciò ha accelerato ed intensificato il suo riavvicinamento agli Stati Uniti. Queste note servono ad esemplificare come il fattore energetico influenzi le grandi scelte geopolitiche. Ma persino più rilevante è la svolta americana. Fino a poco tempo fa Washington era ostile al Trattato di Kyoto (1997) perchè poneva limitazioni e costi eccessivi alle attività industriali per scopi di riduzione dei 'gas serra' e, inoltre, non era firmato dai Paesi più contaminanti quali la Cina. Ora tale posizione negativa si è molto attutita. Nuova consapevolezza ecologica? No, la politica reagisce sempre a situazioni reali e non a concetti astratti. Queste sono tre. Anche se non è stato confermato che le emissioni da combustibili fossili siano la causa principale del cambiamento climatico, questo prodotto in buona misura da variazioni naturali del pianeta e del ciclo solare, la gente ormai crede che vi sia una relazione diretta causa-effetto tra emissioni stesse e riscaldamento del pianeta, con la complicazione che tale ipotesi molto semplificata è stata certificata dall'Onu, e quindi imputa al ritardo dei governi eventuali catastrofi ambientali. E' inutile andare contro il consenso e quindi ogni governo si adegua, compreso quello americano. Ma il nuovo megaproblema è che ci vuole più energia perchè quella disponibile basata su petrolio e gas non basterà. Pertanto il requisito di contrasto dell'effetto serra è percepito strumentalmente come motivo di consenso per aprire nuove centrali nucleari, l'energia migliore per pulizia e basso impatto ambientale, e per investire risorse su nuove fonti energetiche (combustibili sintetici, idrogeno, biocarburanti, soprattutto, ed un po' di eolico ed energia solare). Tale investimento, terzo motivo molto rilevante per gli Usa, è anche finalizzato a conquistare l'indipendenza energetica. Petrolio e gas non scarseggiano ancora e non lo faranno per decenni, ma le riserve sono nelle mani di regimi ostili o che lo possono diventare. Se si inserisce questa dimensione nello scenario, allora esce che la scarsità,e quindi la ricattabilità, c'è già in termini di approvvigionamento. In sintesi, il nuovo paradigma è che bisogna fare più energia con nuovi mezzi in casa propria. In tale pressione l'ambientalismo aiuta perchè la ricerca di energie più pulite coincide con quella di più fonti di energia in assoluto. Forse ho semplificato troppo, ma questi sono i motivi strategici e di consenso che stanno sotto la svolta pro-Kyoto sia dell'Europa sia dell'America. Sul lato economico questa è un'ottima notizia perchè ogni scenario di lungo termine vede guai grossi a causa del costo crescente dell'energia. Più nucleare e più energia pulita da un mix di fonti alternative è la risposta giusta.

(c) 2007 Carlo Pelanda
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