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Carlo A. Pelanda
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2020-3-30

30/3/2020

Armonizzare rischio medico ed economico

Gli epidemiologi stimano che il declino del potenziale di contagio in Italia potrà avvenire a fine aprile. Per tale motivo il governo sta valutando di estendere il periodo di blocco economico. Ma un numero crescente di imprese avverte che ci sono due rischi: crisi di liquidità con catena di insolvenze e perdita di clienti per sostituzione, soprattutto, nelle nazioni che mantengono aperte le produzioni di cui le aziende italiane sono fornitrici. La Germania preferisce prendere un (relativo) rischio medico, confidando sulla forza del suo presidio sanitario, piuttosto che uno di collasso del sistema industriale. Così l’America, il Giappone, il Regno Unito, la Corea del Sud, ecc. Sono degli incoscienti? Chi scrive ha rilevato che nel più dei Paesi detti, ed altri, il rischio è calcolato e che sono predisposte contromisure di caso peggiore. L’America ha messo già in campo 2.200 miliardi di dollari, estendibili fino a 6.200 in deficit, con una militarizzazione dei presidi medici e loro potenziamento rapido, e attivato un sostegno totale alle grandi imprese in difficoltà nonché alle microaziende. Così, in proporzione, la Germania ed altri. Ciò mostra che c’è consapevolezza, ma tentando prima di minimizzare le chiusure dell’economia per non distruggerla.

 L’Italia potrà fare meno debito d’emergenza di altre nazioni perché la richiesta di eurogaranzie (eurobond) è stata bloccata dalla Germania. Le resta il permesso di violare il Patto di stabilità, ma questo è inutile se poi l’aumento del debito su un cumulo già enorme non viene garantito. Le rimane il programma Bce di acquisto dei debiti nazionali da cui può ricavare circa 70 miliardi di indebitamento garantito (indirettamente) con il quale a sua volta retro-garantire il credito bancario per le imprese a rischio di insolvenza e altre misure. Altri 30 possono venire da fondi europei. In sintesi, possiamo contare su circa 100 miliardi extra in un anno, ma ne servirebbero almeno 250. In questo gap di 150 miliardi (stima preliminare) c’è il rischio di deindustrializzazione strutturale. Pertanto l’Italia deve trovare un modo per riprendere il prima possibile l’attività economica per ridurre il gap stesso, cioè riaprire quei settori che sono meglio difendibili dal contagio pur in presenza dello stesso e aumentando la densità di presidi medici. Significa prendere un rischio, ma chi scrive ritiene che la popolazione sappia gestirlo e che lo preferisca a quello di non avere più il lavoro.

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