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Carlo A. Pelanda
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Milano%20Finanza%20e%20italia%20oggi

2019-10-11

11/10/2019

E’ ora di regolare la finanza digitale

La rivoluzione tecnologica nell’industria finanziaria si sta sviluppando più all’esterno del perimetro delle operazioni regolate che al suo interno perché i regolatori - pur tutti recentemente accelerando lo studio della materia, meritoriamente Consob all’avanguardia in Italia -   mostrano un ritardo nel generare standard ordinativi per (para)monete criptate e asset digitali in generale.  C’è un problema di teoria o di ritrosia nei confronti della novità?

Capirlo è importante perché nel mondo c’è un aumento a picco di scambi di centinaia di criptovalute private convertite su decine di piattaforme non completamente regolate e depositate in conti non supervisionati da una piena licenza bancaria con relative garanzie e requisiti di trasparenza. Fino a due anni fa la maggior parte dei regolatori più importanti aveva una posizione di indifferenza motivata dal fatto che il nuovo fenomeno era troppo piccolo per porre problemi sistemici: tra i 200 e 300 miliardi di dollari nel globo. Ora lo scenario mostra una tendenza rapida verso volumi molto maggiori e ciò pone un problema sistemico di regolazione contro rischi incomputabili o non coperti. Di fronte a tale evidenza i regolatori, da un lato, appunto, stanno studiando – la Bri ha rilevato che i 2/3 delle Banche centrali lo stanno facendo – ma, dall’altro, sta prevalendo un atteggiamento limitativo. E ciò genera un diverso problema: il blocco delle potenzialità applicative delle nuove tecnologie all’evoluzione del sistema finanziario. Da un lato, può essere motivato dalla priorità di difendere la finanza tradizionale dal rischio crescente di disintermediazione. Dall’altro, c’è il sospetto che ci sia un gap di teoria regolativa sul come portare la generazione di (para)monete private entro il perimetro della necessaria regolazione pubblica, soprattutto, al riguardo delle masse. Per esempio macro, il progetto libra sta soffrendo (anche) per questo problema. Nel micro, se una fabbrica di prodotti finanziari digitali vuole “tokenizzare” obbligazioni per utilizzarle come monete crittate, per esempio allo scopo di rendere più liquide e fluide le cartolarizzazioni, a quali regole deve fare riferimento? Il punto: non ci può essere però nuova teoria senza sperimentazione. Pertanto la soluzione è che i regolatori inizino a dare licenza bancaria (anche) digitale a istituti guidati da persone di cui si fidano per apprendere da operazioni reali come regolare la tecnorivoluzione senza soffocarla o farla straripare. E che i regolatori stessi sentano la concorrenza e annusino il premio a chi lo fa per primo.       

(c) 2019 Carlo Pelanda
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