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Carlo A. Pelanda
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2019-9-16

16/9/2019

La ricerca del premio di euroconvergenza

Quanto potrà essere grande il premio per l’euroconvergenza, ma in senso filofrancese, del nuovo governo? Negli ultimi giorni sono arrivati messaggi molto chiari. Summit dell’Eurogruppo: il deficit non potrà superare il 2%, se oltre scatterà la procedura di infrazione. Ursula von Der Layen: non è in agenda alcuna revisione dei trattati europei come richiesto da Italia e Francia, aggiungendo che la flessibilità di questi è più che sufficiente. Inoltre, la presidentessa della Commissione europea ha fatto capire che non è nemmeno in agenda la proposta di una Difesa europea spinta dalla Francia perché tale funzione resterà entro il quadro Nato, pur la Commissione stessa varando programmi di rafforzamento dell’industria militare europea. Questo è un segnale chiaro e piuttosto brutale a Roma e Parigi che la sua conduzione della Commissione impedirà sviluppi post-Nato dell’Ue e una spaccatura tra nazioni nordiche rigoriste e meridionali lassiste sui temi di ordine economico, comprimendo le seconde. Prova ne è che la delega a Gentiloni in materia di affari economici europei, pur non “commissariata”, è condizionata dal consenso del rigorista vicepresidente Dombrowskis. In sintesi, la Germania ha avvertito Italia e Francia che la loro alleanza pro-debito troverà muro e non otterrà le modifiche volute agli statuti europei. Così come ha segnalato che le richieste di aumentare la spesa pubblica in deficit per stimolare l’economia europea via più investimenti interni troveranno limite, probabilmente non oltre 50 miliardi: basteranno per contrastare la recessione nella nazione, ma non certo per stimolare il resto. Niente premio, dunque? Il programma Bce di acquisto dei debiti ridurrà il costo di quello italiano dando qualche miliardo al bilancio statale, pochino. Inoltre, tale decisione sarebbe stata presa comunque con qualsiasi governo italiano. L’euroconvergenza è stata premiata dal mercato perché ha confermato la protezione europea dell’Italia rendendola un luogo un po’ più sicuro per il capitale, ma il suo indirizzo filofrancese mantiene i dubbi sul riordinamento italiano e non porterà premi stimolativi sufficienti. Questi potranno venire, invece, da più export entro regole stabili ottenibile via trattati di libero scambio dell’Ue con l’America, in agenda a novembre, con il Mercosur e con Londra post-Brexit che sono frenati da Parigi e spinti da Berlino. Pertanto Roma dovrebbe reindirizzare la propria euroconvergenza più verso Berlino.

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