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Carlo A. Pelanda
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2019-4-19

19/4/2019

Il negoziato commerciale euroamericano richiede collaterali politici

Lunedì scorso il livello intergovernativo dell’Ue ha sbloccato, pur con l’opposizione della Francia, il mandato alla Commissione per avviare i negoziati doganali con gli Stati Uniti, come concordato in un incontro tra Juncker – che agì su pressione della Germania spaventata dalla minaccia di dazi sull’auto - e Trump nell’estate del 2018 allo scopo di ridurre le tensioni. Ora inizierà una fase preliminare complicata per definire il perimetro dell’accordo. L’Ue ha voluto lasciare fuori il settore agroalimentare, mentre l’America preme per inserirlo, tentando di limitare solo a quello industriale e dei relativi standard tecnici la trattativa. Ma a Washington, il cui obiettivo è ridurre il deficit commerciale con gli europei esportando di più, probabilmente non basterà una perimetrazione così ristretta. D’altra parte, l’Ue è restia ad aprire i suoi tanti settori protetti per il rischio di rivolte di massa, in particolare nell’agricoltura. Chi scrive ritiene necessaria la (ri)convergenza euroamericana per ricostruire la fiducia finanziaria globale e non solo per evitare guerre commerciali. Ma appare difficile: il Ttip (2013-16) è fallito perché puntava ad un accordo troppo ambizioso e vasto, il nuovo formato rischia di fallire o di prolungarsi senza esiti perché lo è troppo poco.

Ci vuole una buona idea strategica. Chi scrive ritiene che, sul lato europeo, questa possa essere l’attivazione di accordi (geo)politici laterali che riducano la pressione americana in materie commerciali. Oltre a dare un contentino a Trump per la sua campagna del 2020, si tratta di convincere l’America sia trumpiana sia post che l’Ue è un partner e non un competitore, migliorando il clima politico del negoziato tecnico. Sul punto sarà rilevante se Londra uscirà o meno dall’Ue: per gli europei è meglio che resti sia per togliere a Washington la tentazione di spaccarla sia per rafforzare il ponte atlantico. Ma sono rilevanti altri temi: a) un rinnovo espansivo della Nato; b) la collaborazione nello spazio profondo per la costruzione di esohabitat permanenti per il controllo del sistema solare, anche interesse del Giappone; c) un accordo per l’integrazione evolutiva dei sistemi finanziari e loro regole, già proposto da Merkel nel 2007 nella sua veste di presidente di turno dell’Ue. Va annotato che il terzo avrebbe un effetto salvifico per l’Ue e l’Italia: un sistema bancario-finanziario euroamericano comporterebbe la progressiva convergenza euro-dollaro. Ciò costringerebbe la Fed ad agire come prestatore implicito di ultima istanza per l’euro al posto della Bce impossibilitata a farlo.                        

(c) 2019 Carlo Pelanda
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