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Carlo A. Pelanda
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LaVerità

2018-1-30

30/1/2018

Italia potenza energetica

Il cuore geopolitico dell’Ue, Francia e Germania, è senza fonti di gas mentre ne aumenta il fabbisogno. La cosiddetta periferia europea le ha a nord e a sud, in particolare l’Italia. Tema di strategia: l’Italia, già campione europeo nelle energie alternative, ha sufficienti riserve per poter concepire una politica di aumento della sua forza negoziale nell’Ue come fornitore primario di gas?

Potenziale. L’Eni ha deciso di investire due miliardi nell’alto Adriatico destinati non solo a una ecopoliticamente corretta riorganizzazione degli impianti sia estrattivi off-shore sia di produzione energetica, ma anche a una nuova stagione di sondaggi per aumentare l’estrazione di gas. Se l’Eni investe tanti soldi, significa che le analisi preliminari sono promettenti, considerando che queste sono alimentate da modelli tra i più avanzati al mondo e da calcolatori con immensa capacità di elaborazione dati. Tale potenza analitica, forse esclusiva, ha già portato l’Eni ha scoprire uno dei più grandi giacimenti off-shore del mondo, trascurato da altri rabdomanti, davanti alla costa egiziana (Zohir). Ma quanta roba c’è in tutta Italia e dintorni?  Il punto è ambiguo, ma ci sono indizi che sia tantissima. Per esempio, parecchi nel delta del Po buttano un tubo sottoterra e riforniscono di gas le loro aziende agricole. In altre zone della valle padana succede lo stesso e in Basilicata il petrolio sgorga in superficie. Ricordo poi, quando ero giovane marinaio e sub triestino, filtrazioni di petrolio dai fondali jonici, nonché megabolle di gas nell’Adriatico centro-meridionale. Nel 1989, nel dopocena di un seminario Onu a New York, giocai con un grande geofisico russo una partita a scacchi “alla vera maniera russa”, cioè un bicchiere di vodka dopo ogni mossa. Strafatti sotto il tavolo, il russo biascicò: da me sta crollando tutto e voglio fare business creando un’impresa oil & gas in Italia perché nelle mie ricerche per l’Accademia delle scienze, poi secretate, veniva fuori che il tuo paese galleggia sopra una bolla di idrocarburi, poco meno dell’Artico, anche se i giacimenti a macchia di leopardo. “Drill, Italy, drill”, concluse. Rimasi colpitissimo. Poiché ero consigliere di Cossiga chiesi accesso agli opportuni archivi e trovai dati ambigui: stime di enorme potenziale combinate con valutazioni contrarie. Nel 1993, come consigliere di Andreatta alla Farnesina, spulciai altri dati: stesso esito, con un inspiegabile alone di mistero intorno. A quei tempi feci la seguente ipotesi: c’è tanta roba, ma probabilmente l’individuazione è difficile, l’estrazione costosa e forse per qualche forza politica è più conveniente prendere stecche sull’importazione di petrolio e gas che non favorire la più controllata – o più soggetta a spartizioni con altri – produzione nazionale. Periodicamente, dal 1995, scrissi sui giornali per stimolare chiarimenti, senza risultato. Ma il fatto che l’Eni ora voglia esplorare ben 10mila Km quadrati di fondali, che abbia un supercalcolatore e modelli capaci di capire meglio dove c’è la roba, che ci metta un pacco di soldi e che copra l’azione investendo anche in energie alternative che producono consenso ambientalista, scambiando intelligentemente con governo e sindacati concessioni più rapide in cambio di difesa di posti di lavoro a Marghera, Ravenna e altrove, è un indizio che tanta roba c’è in Adriatico, precursore di un’analisi approfondita su tutta l’Italia, off-shore e in-shore.  In sintesi, uno scenario di Italia come potenza energetica non è astruso e il tratteggiarne i vantaggi potrebbe accelerarlo.

Strategia. La Germania chiuderà tutte le centrali nucleari e già adesso dipende massimamente dal gas russo. Certamente sarebbe più conveniente per Berlino ridurre la ricattabilità dalla Russia, aumentando le forniture dall’Italia, considerando che le infrastrutture di trasporto, cioè i gasdotti, sono già operativi. Per l’Italia sarebbe conveniente in generale e, in particolare, per bilanciare con una posizione di forza reale le relazioni con la Germania stessa nonché con la Francia. Ovvio poi il vantaggio economico dell’Italia derivante dalla riduzione del gas importato. Meno ovvia è l’ipotesi di creare delle obbligazioni trentennali con sottostante i profitti futuri dei diritti statali di concessione per lo sfruttamento in-shore di gas e petrolio nazionali con cui ripagare rapidamente almeno una parte del debito, migliorando l’affidabilità dell’Italia e quindi il suo potere negoziale. Questi vantaggi sarebbero talmente rilevanti da suggerire il lancio di un piano energetico nazionale con risorse tecniche e finanziarie adeguate per trovare e sfruttare tutte le bolle di gas su cui l’Italia galleggia, con attesa di sorprese positive anche per il petrolio.

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