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Carlo A. Pelanda
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2017-3-14

14/3/2017

Occhio all’incontro tra Merkel e Trump

Oggi Merkel incontra Trump a Washington. Dobbiamo aspettarci un confronto difficile, con esiti incerti per le relazioni euroamericane – che è il punto principale d’interesse nazionale italiano – in base alle critiche pesanti fatte dal secondo alla prima nei mesi scorsi? Direi di no, anzi. E non perché il motivo formale della visita limita gli argomenti alla preparazione del G 20 ospitato dalla Germania, con summit finale ad Amburgo a luglio, ma perché i due hanno il medesimo bisogno di convergere e sanno che divergenze troppo marcate li danneggerebbero. A porte chiuse faranno lista dei reciproci interessi e cercheranno compromessi. Tale clima di convergenza è stato preparato nei giorni scorsi da dichiarazioni da parte statunitense che, nel metodo indiretto della tecnica diplomatica, vogliono significare la volontà di trattare, per esempio “Merkel grande leader”, “Trump si avvarrà dell’esperienza di Merkel nel trattare con Putin per capire come approcciare il russo”, ecc. Che cosa potrebbe venirne fuori?
Trump ha la priorità di vedersi riconosciuto come leader internazionale per bilanciare l’ondata di derisioni e di dissensi che, pur meno pericolosa per lui della guerra civile tra Casa Bianca e Burocrazia imperiale, lo rende tuttavia meno forte all’interno del partito repubblicano, maggioritario nel Congresso, del cui consenso ha bisogno per avviare i cambiamenti interni, per altro tecnicamente infattibili come progettati al momento, il cui successo o meno determinerà il suo destino politico. Anche per tale motivo, oltre ai cazziatoni che gli hanno fatto gli esperti Tillerson e Matis per le stranezze controproducenti inizialmente dette in materia internazionale e di sicurezza, è passato da un atteggiamento conflittuale a uno collaborativo, e in linea con la tradizionale posizione statunitense, in politica estera. Merkel ha la priorità di evitare frizioni con il maggiore mercato per il suo export, cosa che è anche di nostro interesse nazionale perché, come la Germania, l’Italia ha un notevole surplus nei confronti dell’America. Bilanciare tali relazioni con “tasse di confine” porterebbe a conflitti. Lasciare le cose come sono, porrebbe a Trump il problema di smentire le promesse fatte in campagna. La soluzione è permettere sia a Trump sia a Merkel di poter dichiarare l’apertura di una nuova stagione di cooperazione commerciale tra America ed Ue, più bilanciata e con più vantaggi reciproci. Un’applicazione concreta di tale soluzione sarebbe la ripresa dei negoziati Ttip per un mercato integrato euroamericano, avviati da Obama nel 2013, che avevano proprio tale scopo e quello geopolitico di creare un sistema economico superpotente che lasciasse fuori Russia e Cina per poterle condizionare. Infatti, gli sherpa ne stanno parlando. Prova ne è la battuta di un funzionario statunitense che ha definito il Ttip come un possibile trattato bilaterale tra Ue e Usa, quindi fattibile per il linguaggio di Trump che esclude trattati multilaterali. Inoltre, il requisito di stilare solo accordi bilaterali non si applica alle nazioni dell’Ue che hanno delegato la Commissione a gestire i trattati commerciali per tutto il complesso. Nell’anno elettorale europeo e poco dopo i linguaggi della campagna statunitense, evidentemente, non sarà possibile dichiarare troppo apertamente la riapertura del Ttip pur su nuove basi. Probabilmente vi sarà un accordo riservato - riportato nei comunicati in forma di volontà generale dei due per collaborare - di non cancellare i negoziati Ttip, mantenendoli in sordina, per poi riaprirli nel 2018. Tale punto è fondamentale anche per le relazioni tra Londra e Ue e Usa. Se il Ttip ripartisse e il Regno Unito ne fosse parte, questa sarebbe la strada più facile per reintegrarlo nel mercato europeo, via trattato ausiliario di libero scambio con Usa e Ue. E Trump farebbe un figurone con i britannici, questi ora inquieti perché Trump non li fila quanto sperato e, inoltre, lascia il governo vero della politica estera agli interessi petroliferi americani che vorrebbero mangiarsi l’industria britannica del settore e a quelli della finanza che non vede l’ora di indebolire la piazza di Londra per conquistarla con pochi soldi. In questo scenario ipotetico l’Italia avrebbe vantaggi, ma potrebbe subire danni diretti da accordi tra tedeschi e americani in materia di grandi sistemi finanziari e fusioni industriali. E danni indiretti perché gli esclusi francesi reagirebbero intensificando la già pesante azione di conquista dell’economia italiana per bilanciare un potere tedesco sostenuto da accordi con la megafinanza statunitense. E’ ovvio che Merkel e Trump tenteranno convergenze su altre materie rilevanti, tra cui la questione russa, le relazioni con la Cina, i tempi della svalutazione competitiva dell’euro, ecc. Ma ritengo che il tema qui enfatizzato sia il più importante per l’interesse italiano e che Roma debba monitorarlo con particolare attenzione.

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