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Carlo A. Pelanda
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1999-12-13

13/12/1999

L'accordo militare europeo è ambiguo e forse controproducente

Tutti hanno salutato con grandi applausi la nascita, decisa nel recente vertice di Helsinki, del primo nucleo di una forza armata europea. In effetti, una maggiore integrazione politica della UE deve avvalersi sia di una voce singola in materia di politica estera sia di una capacità militare propria, indipendente dalla Nato. Non è possibile che la UE punti ad essere un gigante economico mondiale restando un nano politico e strategico, frammentato in quindici diversi sistemi di difesa e politiche estere. Tuttavia l'entusiasmo appare prematuro in quanto nel disegno prevale l'ambiguità sulla chiarezza. Vediamo perché.

Il progetto è quello di costruire entro il 2003 una forza di intervento rapido che possa essere dispiegata in un teatro di crisi (tipo Kosovo) in un arco di tempo non superiore ai due mesi. L'entità del contingente paneuropeo è di 60mila uomini (l'Italia dovrebbe conferirne cinquemila). Il punto più delicato è che tale forza, a comando esclusivamente europeo, andrebbe impiegata nei casi in cui la Nato (sotto comando americano di fatto) non vuole essere coinvolta. Tale limite è comprensibile in quanto serve a non creare sovrapposizioni tra missioni Nato ed UE. Ma viene da chiedersi quali possano essere i possibili scenari in cui gli europei si possano impegnare da soli al di fuori dell'alleanza con gli Stati Uniti. Ben pochi e comunque politicamente pericolosi. Per esempio, Washington potrebbe dire: cari europei, visto che avete la vostra piccola forza di intervento, un caso come il Kosovo - relativamente minore sotto il profilo militare - ve lo gestite da soli perché non abbiamo voglia di sprecare mezzi e rischiare vite americane per una questione non vitale e del tutto europea. Poniamo che, baldanzosi, gli europei accettino e vadano da soli con il loro contingentino. I serbi ( e i russi), vedendo che non ci sono dietro gli americani, probabilmente tenterebbero azioni che non si sarebbero mai sognati in caso di presenza militare statunitense diretta. Verrebbe meno, infatti, l'effetto di dissuasione dato dall'impegno di tutto l'Occidente e ciò aumenterebbe il rischio per gli europei. Inoltre gli americani potrebbero perfino vedere di buon occhio la debacle o l'impantanamento di qualche missione europea perché ciò sancirebbe la necessità del loro supporto come iperpotenza di raggio globale. Ma il rischio maggiore é quello di far fare agli europei il lavoro da "ascari". Quello che sta succedendo agli australiani nel caso di Timor Est. Gli americani hanno detto loro: non vogliamo avere problemi politici con gli indonesiani, voi australiani avete comunque una certa forza militare e siete vicini, vi imprestiamo qualche aereo e l'intelligence satellitare che vi mancano, e andate voi - vi mandiamo anche 250 italiani - a gestire il caso. Ovviamente sotto il nostro comando di fatto. Ascari, appunto. Poniamo che riscoppi la guerra in Bosnia o in Serbia nel 2003. E' molto probabile che la posizione americana potrebbe essere di questo tipo. Molto pericolosa per gli europei se cadono nella trappola di dotarsi di una forza militare autonoma senza rivedere tutto il sistema di relazioni con gli Stati Uniti.

La strategia giusta sarebbe quella di integrare sul serio tutte le difese nazionali europee e, con una voce unica, rifare da capo il trattato che regola la Nato. Come? Trasformandola in una Alleanza bilaterale UE e Stati Uniti alla pari dove noi europei aiutiamo gli americani, e viceversa, a gestire l'ordine e la sicurezza mondiale, soprattutto condividendo le decisioni politiche. Negli Stati Uniti temono come la peste questo scenario in quanto toglierebbe loro il ruolo di superpotenza unica. E, paradossalmente, a Washington sono contenti che gli europei si dotino di un loro forza di intervento autonoma (se no gli inglesi non l'avrebbero mai permessa) proprio perché allontana la possibilità di una revisione complessiva dell'attuale sistema Nato. Che infatti resta per le cose più importanti. E' vero che alcuni funzionari e politici americani hanno visto la mossa europea come pericolosa preparazione di un distacco dell'Europa dagli Stati Uniti. Ma, in realtà, chi fa veramente le strategie a Washington sta ridacchiando sotto i baffi.

Infatti il progetto di (piccola) armata europea, analizzandolo a fondo, non risolve il problema del nanismo strategico europeo, ma salva l'industria degli armamenti francese. Questa é sovradimensionata per il fabbisogno nazionale. E può sopravvivere solo se diventa il fornitore principale di altri europei: aerei da trasporto militare a lungo raggio, satelliti di osservazione, altri materiali. E una pur piccola e parziale forza armata europea é esattamente quello che serve per legittimare un euroriarmo con armamenti prevalentemente francesi e, in subordine, tedeschi ed inglesi, pagati da spagnoli, italiani, belgi e altri che di industria militare ne hanno poca. Infatti il progetto é stato spinto quasi con disperazione da Chirac. E' materia complessa e non va trattata con la frettolosità con cui l'ho qui toccata. Ma, francamente, c'é ancora molto da chiarire prima di poter esultare come si é fatto superficialmente nelle cronache di questi giorni.

(c) 1999 Carlo Pelanda
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