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Carlo A. Pelanda
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Il%20Foglio

2000-1-8

8/1/2000

Tutti al supermercato del net. Ma i clienti sono spesso insoddisfatti

Baco del ripensamento. C’e’ molto consenso al riguardo dello scenario che prevede uno strepitoso boom del commercio di merci via Internet nel prossimo futuro. Il Forrester Research, a meta’ del 1999, ha calcolato che nel 2003 il volume di scambi in rete, nel mondo, raggiungera’ un fatturato di 1.400 miliardi di dollari (circa 2 milioni e 600mila miliardi di lire). Perfino stellare e’ la previsione al riguardo dell’Europa: nei prossimi quattro anni il volume delle merci e servizi acquistati in rete dovrebbe passare dagli attuali 17 miliardi di euro (poco meno di 34mila miliardi di lire) a ben 340, cioe’ crescere di venti volte. Tali cifre iperboliche appaiono sostenute dall’espansione del settore attualmente in corso. Negli Stati Uniti, per esempio, gli acquisti di merci e servizi via Internet sono raddoppiati in meno di un anno. La crescita di questa nuova area commerciale in Europa non e’ ancora cosi’ prorompente, ma sta accelerando. Anche perche’ molti ostacoli che l’avevano rallentata fino a poco fa sono stati rimossi. L’Ue, nella primavera dello scorso anno, ha regolamentato il settore creando le basi di certezza legale per le transazioni elettroniche in tutto il mercato continentale. Inoltre, anche in Europa e’ ormai scoppiata, con circa cinque o sei anni di ritardo sugli Stati Uniti, la “computerizzazione” di massa. Tutto questo movimento lascerebbe intendere che il boom previsto avverra’. Ma recentemente si e’ manifestato un baco che potrebbe rovinare la e-cornucopia. Alla fine del 1999, in America, ben il 12% delle merci ordinate via Internet e’ stato restituito al mittente (rilevamento della Jupiter Communications). Non e’ ancora disponibile un dato europeo, ma quello americano va preso come anticipazione di un fenomeno molto probabile in generale. E’ una percentuale preoccupante. Soprattuto perche’ sembra che al crescere del volume di transazioni relative ad oggetti (la vendita di servizi on-line, invece, e’ meno vulnerabile) salga anche il numero dei ripensamenti e rifiuti da parte degli acquirenti. Se il fenomeno delle rese si attestasse attorno al 20% l’intero settore potrebbe floppare o certamente non crescere come sopra previsto per il forte rischio di impresa e finanziario.  Va  notato che la quantita’ di rifiuti della merce ordinata nel settore della vendita per corrispondenza (cataloghi) si e’ assestata, negli anni passati, tra il 5 ed il 7%. Cifra fisiologica e tollerabile. Perche’, invece, il commercio a distanza via Internet soffre di quasi il doppio, forse il triplo in prospettiva, di rese? Come si puo’ contenere il baco del ripensamento (Second Thought Bug o, mi piace battezzarlo, 2TK)?

 Chi fa ricerca su questo problema, negli Stati Uniti, pensa che la risposta stia nella poca chiarezza dell’offerta che appare nella vetrina del negozio virtuale. O non viene specificato tutto il costo finale del prodotto ordinato quando arriva alla porta di casa. Oppure - la maggioranza dei casi - il compratore prova delusione nel vedere dal vivo la merce perche’ appare diversa da come e’ stata mostrata nell’immagine presentata sul suo computer. I ricercatori raccomandano di migliorare la trasparenza dei contratti di acquisto e, soprattutto, la qualita’ delle immagini. Sensato. Ma c’e’ un limite all’efficacia di tali soluzioni. O il contratto di acquisto assume la forma sgradevole e poco mercatabile di una obbligazione alla cieca (tipo pagare il biglietto prima di vedere un film) oppure restera’ sempre uno spazio di rescissione a favore dell’acquirente. Tra l’altro tutelato dal diritto del consumatore. Per esempio, la normativa europea in materia di commercio a distanza (recepita in Italia dal decreto legislativo 185 del 22 maggio 1999)  lascia a chi acquista on-line ben dieci giorni di tempo per rifiutare la merce ed essere rimborsato. L’immagine computerizzata della merce presentata si puo’ certamente migliorare, ma – oltre ad implicare maggiori costi – non potra’ mai sostituire la visione ed il tocco diretto. Come mai nel settore delle vendite per corrispondenza il problema dei rifiuti e’ minore di quello del commercio su Internet? Per due motivi. Avviene una preselezione dei clienti  attraverso l’acquisizione del catalogo. Inoltre c’e’ piu’ tempo per valutare e pensare un acquisto. Al momento attuale il commercio elettronico (di oggetti) si presenta ad alto rischio di ripensamento anche se migliorassero i contratti e le presentazioni. Cosa manca? Forse un testimone della volonta’di acquisto. Per esempio, un operatore umano che entri nello schermo, in contatto voce diretto, e consigli l’acquirente certificando anche la sua decisione. Rafforzerebbe, sul piano psicologico, l’obbligazione. Esperimenti del genere sono stati tentati. Hanno funzionato, ma al prezzo di maggiori costi che rendono meno competitivo il negozio virtuale nei confronti di quello tradizionale. In sintesi, l’ottimismo sullo sviluppo del commercio elettronico appare eccessivo fino a quando non sara’ trovata una soluzione che limiti la quantita’ delle rese, a costi non eccessivi.             

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