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Carlo A. Pelanda
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2009-8-25

25/8/2009

Il ritorno della fiducia

E’ più di un mese che ci sono annunci sull’avvio della ripresa economica e dati che la indicano. Ma mancava la voce più importante, quella di Ben Bernanke, presidente della Riserva federale, cioè della Banca centrale statunitense. Più importante non tanto o solo per il prestigio, ma perché quello che succede in America, nonostante la crescente centralità della Cina, determina il ritmo del ciclo economico. Venerdì scorso Bernanke ha confermato: è ripresa, sarà lenta per un po’ e poi accelererà. Significa che l’America si sta rimettendo in moto. E che ciò avrà un effetto globale, fino alle nostre tasche in un’Italia ancora alle prese con l’impatto della recessione. Tutto bene, dunque?

Bene, ma non ancora del tutto. Gli annunci di avvio della ripresa sono calibrati sulla paura di una catastrofe che pareva possibile fino a pochi mesi fa visti i ritmi da panico con cui era caduta la domanda globale negli ultimi mesi del 2008.  Questa non c’è stata e non ci sarà. Ma dire che l’economia globale è sulla via di una ripresa che la riporterà velocemente ai ritmi di crescita del 2007/08 è ancora prematuro ed in forse. La ripresa in corso è dovuta al tamponamento della crisi finanziaria/bancaria ed agli stimoli d’emergenza attuati dai governi. Per inciso, l’Italia ne ha fatti di minimi, per l’impossibilità di aumentare la spesa in deficit a causa dell’enorme debito, ed infatti è il Paese europeo più in ritardo nella ripresa. Ma non è stato del tutto riparato il motore della crescita. La locomotiva americana ha ancora enormi problemi di riparazione e sta andando a metà della forza. I suoi consumatori, la cui propensione a comprare beni è “la locomotiva”, sono sotto shock per le perdite finanziarie subite, temono la disoccupazione che aumenta e stanno ricostruendo a fatica i loro risparmi. Prima che tornino a comprare come facevano nel 2007 ci vorranno dai tre ai cinque anni. Inoltre manca capitale nel mercato per gli investimenti. Non perché non ci sia il denaro, ma perché si sono ridotti i mezzi per moltiplicarlo e diffonderlo via tecnica finanziaria. Molte banche hanno chiuso. La demonizzazione della finanza inibisce operazioni di credito evoluto che rendono abbondante il capitale per investimenti. Inoltre ci sono tante piccole banche nei guai che usano il denaro a copertura delle perdite e non per impieghi. Quest’ultimo problema è in via di soluzione perché le banche sane stanno comprando quelle malate, con l’effetto di liberare più capitale per il credito. Ma la ricostruzione del risparmio e di un sistema finanziario “a tutto vapore” ci metterà del tempo e avrà bisogno di molti sostegni per parecchio tempo. Questo, in sostanza, è il motivo per cui sentite dire da molti analisti che la ripresa sarà lenta ed accidentata in America e, quindi, nel resto del mondo per la minor forza trainante della locomotiva. La riparazione del credito per dare sangue al corpo dell’economia reale è ancora in corso.  Il qualcosa in più che Bernanke ha detto e che ha creato entusiasmo nel mercato è che “dopo un lento avvio poi la ripresa sarà veloce”. Probabilmente vede un “effetto volano” dove il sistema del credito sarà riparato in tempo per sostenere la crescita quando finiranno gli stimoli d’emergenza. Altri, invece, temono che ciò non avverrà e temono una ricaduta nella recessione a fine anno. Quanto ottimismo posso trasferirvi? Direi che ce ne può essere abbastanza per non temere un rallentamento della ripresa. Alla fine il volano si rimetterà a girare. Al punto che avremo un eccesso di ottimismo, portatore di inflazione. Ma questo è un problema di domani, oggi godiamo il ritorno della fiducia. 

(c) 2009 Carlo Pelanda
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