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Carlo Pelanda: 2012-2-28Libero

2012-2-28

28/2/2012

La forza riformatrice del governo si sta indebolendo

Nei primi 100 giorni il governo Monti ha gestito bene la situazione d'emergenza, usando l'evidenza di questa per tamponare le falle. Ma ora c'è un problema. Il successo temporaneo sta creando l'illusione che la crisi sia ormai alle spalle. Non è così. Il mercato finanziario aspetta di vedere se l'Italia riuscirà a confermare il rigore e ad ottenere più crescita. E se non vedrà una probabilità crescente che ciò avvenga ricomincerà a scommettere contro la capacità dell'Italia di ripagare il suo debito. Pertanto Monti ora deve riuscire a continuare l'azione di rigore, rendendolo credibile via riforme di impulso alla crescita. Ma farà più fatica sia perchè i cambiamenti sono molto difficili sia perchè il sistema politico appare meno disposto a subire passivamente le decisioni governative, che tendono a ledere interessi consolidati, in quanto crede che l'emergenza sia ormai passata. Infatti la scorsa settimana si potuto osservare quanto il governo abbia modificato, ammorbidito e annacquato alcune proposte di riforma. In parte ciò è dovuto ad un riesame della fattibilità dei dettagli avendo avuto più tempo per studiarli, ed è fenomeno normale. Ma in parte maggiore gli interessi corporativi che resistono al cambiamento sono riusciti a piegare la volontà riformatrice del governo, segno di una sua forza decrescente. E ciò preoccupa in vista di due misure cruciali per la riforma di efficienza: la nuova regolazione più flessibile del lavoro ed il controllo nel merito della spesa pubblica (spending review). Se la prima verrà troppo annacquata non avrà nè effetti reali di impulso alla crescita nè farà valutare agli osservatori esterni dell'Italia che il suo sistema si sta modernizzando. Se la seconda non riuscirà ad individuare un obiettivo di taglio sostanziale della spesa, pur in più anni, ciò esporrà l'Italia alla previsione che troppi costi e troppe tasse per finanziarli soffocheranno la crescita ed impediranno il mantenimento del rigore. C'è questo rischio. Da un lato il governo sta dichiarando che andrà avanti anche senza accordo tra le parti sociali entro la fine di marzo. Dall'altro, sta generando un modello di flessibilità insufficiente per eccesso di compromessi. L'annuncio di spending review non contiene, finora, due elementi fondamentali: l'obiettivo di taglio della spesa strutturale ed un modello di welfare più efficiente con cui comparare quello attuale per modificarlo. Senza tali elementi l'azione sarà irrilevante. Ed il governo appare timoroso di esplicitarli per evitare l'ovvia levata di scudi da parte degli interessi colpiti. A questi due sintomi di indebolimento della forza riformatrice del governo se ne può aggiungere un terzo: dopo tre mesi non c'è ancora un progetto di come usare il patrimonio pubblico per ridurre il debito, azione questa di massima priorità, ma contrastata da sempre dagli interessi che trovano vantaggi nella gestione opaca ed inefficiente del patrimonio stesso. A questa perdita di pressione riformatrice ha contribuito, o per ingenuità o per vanità, la sequenza di orgogliose affermazioni con cui Monti ha lasciato intendere la fine dell'emergenza, perfino lanciando la sorprendente idea che l'Italia ora è un modello per l'Europa intera. Da un lato capisco la necessità di ridare agli italiani l'orgoglio. Dall'altro, non si posso raccontare balle. Pertanto invito Monti a chiarire che l'emergenza non è finita e ad agire con il metodo d'eccezione per imporre le riforme. Oppure chiami attorno a se una maggioranza riformatrice che poi si candidi alle elezioni del 2013, che vincerebbe, ed usi questa configurazione del consenso per sostituire l'effetto dato dalla situazione d'emergenza. Le riforme saranno più lente perchè vincolate dal momento elettorale, ma il mercato sconterà che verranno fatte. Faccia una delle due cose e non resti stralunato a metà tra esse come oggi appare.

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