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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2010-8-14Libero

2010-8-14

14/8/2010

Progetto surplus

Nel primo semestre l’Italia ha fatto una buona crescita, ma tutta trainata dall’export mentre il mercato interno è rimasto piatto. Nel secondo semestre la domanda globale avrà un calo a causa del rallentamento delle locomotive americana e cinese, già nei dati, e ciò fa prevedere che il traino esterno della crescita nazionale sarà minore. Come mantenere elevata la crescita?

 La soluzione più sana sarebbe quella di stimolare l’economia interna, non con spesa in deficit  di per se inefficace e comunque vietata dalla priorità assoluta del rigore, ma con misure di sblocco del mercato dove è meno fluido, di detassazione sulle imprese e di sostegno del credito affinché torni sufficiente. Ma se tale opzione risulta infattibile, allora non resta altro che forzare di più l’export sostenendolo con politiche specifiche. Il governo deve scegliere una politica economica che porti il modello  italiano o più verso la configurazione americana (mercato interno liberalizzato a forte crescita intrinseca) o più verso quella tedesca (mercato interno consociativo e protetto finanziato da megaexport spinto da politiche di potenza commerciale). E deve fare tale scelta non tanto per la congiuntura del secondo semestre, ma perché è probabile che il mercato globale resterà per lungo tempo instabile. Il punto: l’Italia deve precisare il proprio modello economico per fare più crescita organizzando una strategia o l’altra e non restare, come fa dai primi anni ’90, senza un modello ed una politica economica chiari, poi causa della bassa crescita endemica.

America o Germania? Il cuore liberista punterebbe a perseguire la prima, ma la ragione trova possibile solo tentare di diventare come la seconda. Le liberalizzazioni necessarie per dare impulso al mercato interno sarebbero sabotate da corporazioni forti. Il taglio di spesa e tasse ha tempi tecnici lunghi. Soprattutto, non c’è nel sistema politico italiano una massa critica sufficiente di liberalizzanti. In sintesi, non è pensabile che il sistema italiano produca una riforma liberalizzante di proprio impulso in tempi utili. Questa arriverà, pian piano come sta succedendo, per insostenibilità tecnica e crisi competitiva del protezionismo sociale. Ma nel frattempo  bisogna mettersi nell’ottica realistica di dover  finanziare un sistema inefficiente. L’unico modo, fattibile nel medio termine, a partire da dove siamo, è quello di dare all’Italia più surplus via export, imitando il modello tedesco. Alcuni esempi della nuova (geo)politica economica sono: (a) favorire le fusioni tra piccole imprese per aumentarne la scala e renderle così più capaci di penetrare il mercato globale; (b) creare un sistema di garanzie ausiliarie per il credito all’export, potenziando i già ottimi sistemi esistenti; (c) favorire l’acquisizione da parte di imprese italiane di aziende operanti globalmente nei “grandi sistemi”, cioè replicare lo splendido esempio di Finmeccanica in altri settori; (d) detassare l’insediamento delle sedi centrali di multinazionali in Italia; (e) potenziare il Ministero degli esteri per sostenere le nostre aziende nel globo, mantenendo le ambasciate italiane dappertutto; (f) aumentare il lato mercantilista della nostra politica estera, portandola sulle linee delle antiche Repubbliche marinare; (e) prendere il controllo del mercato mediterraneo e rivedere le alleanze geopolitiche per tale scopo (più America e Turchia e meno Ue); (f) potenziare scuola e università affinché siano piattaforme di lancio globale per imprese ed individui. La lista è più lunga, ma questa rende l’idea di una politica economica alla nostra portata se fosse precisato l’obiettivo. Chiamiamolo “progetto surplus” e facciamolo meglio della Germania.   

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