La crescita negativa del Pil nel 2014 e quella minima prevista per il 2015 renderanno meno sostenibile il debito pubblico, ora attorno al 130% del Pil. C’è quindi il rischio che il mercato pretenda nel futuro un premio maggiore per rifinanziare il debito pubblico italiano. Tale rischio non è ancora visibile, ma ci sono segnali che ne alzano la probabilità. Se si realizzasse, si potrebbe verificare una situazione simile al 2011 con una uguale reazione: aumento delle tasse, in particolare quelle sul patrimonio, e ritorno in recessione. Ma questa volta ci sarebbe il peso di tre o quattro anni in più di decrescita e di un debito aumentato. Inoltre, la garanzia della Bce che nel 2012 fece tornare la fiducia sull’Italia sarebbe meno credibile perché il mercato sta osservando una crescente frizione tra Germania e Bce stessa che sta riducendo la libertà d’azione della seconda. Va sottolineato che la Germania ha torto sul piano della razionalità economica, ma ha ragione su quello formale: i trattati vietano alla Bce di comprare debiti nazionali, per lo meno in misura sufficiente a rassicurare i mercati. Per questi motivi il pericolo che l’Italia perda nuovamente la fiducia del mercato è più grave che nel passato e con esso torna il rischio di dissoluzione dell’euro a causa di condizioni di insolvenza dell’Italia stessa. Rischio peggiorato dal fatto che la Francia è in crisi ed il suo debito sta salendo rapidamente oltre il 100% del Pil. L’Eurozona è un’unione monetaria e non fiscale. Ciò significa, semplificando, che ogni nazione deve mantenere l’equilibrio della finanza pubblica con proprie risorse senza poter sperare in aiuti europei. In realtà un impulso esterno alla crescita potrebbe venire dalla Germania se questa stimolasse di più la domanda del suo mercato interno, potendolo fare, favorendo l’export degli altri. Ma Berlino, quotidianamente, comunica che non intende abbandonare la priorità del rigore. In sintesi, l’Italia deve fare urgentemente più crescita. Il governo sta preparando azioni stimolative, ma non l’unica che sarebbe veramente efficace: la riduzione sostanziale delle tasse. In particolare, cerca di stimolare investimenti con incentivi e piccole detassazioni selettive, coperte da incrementi fiscali in altri settori e minuscoli tagli di spesa: non avrà effetto sufficiente. La politica economica è vincolata dalla priorità di non ridurre l’apparato statale-pubblico e ciò, impedendo forti detassazioni, rende la missione di fare più crescita simile alla quadratura di un cerchio, cioè impossibile. Per questo cresce il rischio di insolvenza dell’Italia e di destabilizzazione dell’euro. Attenzione.