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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2011-10-10L' Arena,
Giornale di Vicenza,
Brescia Oggi

2011-10-10

10/10/2011

Bisogna calibrare il rigore in relazione alla crescita

Ritengo illogica una politica del rigore non calibrata con gli andamenti reali dell’economia che rischia di impoverire l’Italia senza una vera necessità.

La domanda globale è in contrazione e potrebbe restare bassa per buona parte del 2012. Se viene meno il traino dell’export  ed il mercato interno viene de-finanziato, troppo e troppo in fretta, da ulteriori tagli della spesa pubblica, è probabile che l’Italia cada in recessione. Lieve (-1%), ma con il rischio di diventare grave  se la Germania – dipendente dalle esportazioni e con poca capacità di crescita interna – confermasse la tendenza verso la stagnazione/recessione in atto. Non si possono escludere buone sorprese perché con tutta la liquidità immessa nel mercato americano ed europeo dalla Banche centrali, ed ora congelata dal pessimismo, basterebbe un segnale di ricostruzione della fiducia per far ripartire gli investimenti delle imprese. Prima o poi tale segnale arriverà, probabilmente dopo la sconfitta di Obama, considerato ormai un fattore depressivo, nelle elezioni presidenziali del novembre 2012. Inoltre, appena il mercato percepirà che la crisi dell’eurodebito è contenibile tornerà ottimista ed espansivo a livello globale. Ma non è possibile ora scommettere sui tempi della seconda buona notizia, pendente quella cattiva dell’insolvenza della Grecia con conseguente pericolo di crisi bancaria. E la prima potrà venire solo tra un anno, forse anticipata in estate. Dieci mesi di incertezza, appunto, potranno tenere bassa la domanda globale ed in questo caso l’Italia è a rischio di recessione amplificata dalla deflazione da rigore in un contesto europeo anch’esso stagnante o recessivo. Soluzioni. Una riduzione del costo del denaro da parte della Bce aiuterebbe, ma non appare intenzionata a farlo e comunque è già passato il momento in cui il taglio può avere effetti stimolativi in tempo utile perl’inverno. Un’altra soluzione è quella di tentare di creare fiducia nel mercato interno italiano con sorprese stimolative. Questo è infatti l’intento del “decreto sviluppo” allo studio del governo in questi giorni. Potrà fare qualcosa, ci auguriamo tutti che sia più di un qualcosa, ma se non si riducono le tasse e non si avvia un cambiamento di modello, per esempio la totale flessibilità del mercato lavoro che aumenterebbe subito occupazione ed investimenti, l’effetto stimolativo non bilancerà quello recessivo. Resta l’opzione di attutire il rigore sul piano dei tempi. Ciò sarebbe logico. In quale Bibbia sta scritto che dobbiamo raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 invece che nel 2016? L’obiettivo ravvicinato è dovuto alla priorità di comunicare al mercato che, non facendo più nuovo debito dal 2013 in poi, l’Italia sarà più credibile al riguardo della possibilità di ripagarlo. Ma se per dare questo messaggio va in recessione con la conseguenza di ridurre il gettito, allora il mercato valuterà che l’Italia dovrà raggiungere il pareggio con ulteriori tagli o aumenti di tasse che peggioreranno la recessione, rendendola endemica ed a spirale. Il governo dovrebbe porre questo problema in sede europea ed ottenere che in tutta l’Eurozona la politica del rigore venga calibrata con gli andamenti reali dell’economia e che ciò divenga una posizione comune. Se ciò non avverrà, per l’Italia il costo di restare nell’euro sarà troppo elevato aumentando il vantaggio di uscirne, nonostante la tempesta che ciò comporterebbe. L’Italia, intanto sottovoce,  deve cominciare a porre questo out-out se vuole evitare la spirale di impoverimento e finire, come in Grecia, con recessioni a meno 5% e la gente in rivolta.

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