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Carlo Pelanda: 2024-4-28La Verità

2024-4-28

28/4/2024

Italia globale per la via africana

Merita un’attenzione maggiore la strategia italiana di prendere una posizione molto collaborativa verso le nazioni dell’Africa ed altre del Sud globale, denominata Piano Mattei. Questa sta prendendo più sostanza e fa intravedere una strada realistica verso la conquista di uno status come “Italia globale”.

Il recente accordo tra Italia ed Egitto in materia di programmi spaziali dedicati all’osservazione della Terra dall’orbita ha una qualità in più perché implica un partenariato tecnologico con potenziali sviluppi geopolitici di rilievo. Forse è ancora presto per pensare ad una rigenerazione della base spaziale italiana “Luigi Broglio” a Malindi in Kenya (creata decenni fa quando l’Italia era la terza potenza esospaziale del mondo) per il lancio di satelliti afro-italiani, ma certamente tale scenario è stato citato dalle parti, considerata la presenza dell’Agenzia spaziale italiana al seguito del ministro italiano per l’industria. Anche perché l’Egitto ospita la sede della nuova agenzia spaziale africana e l’Italia costruisce missili lanciatori di medie dimensioni di ottimo livello tecnologico e competitivo. Alcuni specialisti di settore avvertono di attendere la posizione francese, che ha peso nell’Agenzia spaziale europea: sarà collaborativa con una penetrazione italiana in Africa nel settore od ostile? Ma ritengo che Roma, pur con la giusta dose di consapevolezza diplomatica nelle relazioni intraeuropee, possa giocare la partita da sola, eventualmente aumentando la convergenza con la statunitense Nasa. E, pensiero personale, vedrei bene una collaborazione tra Giappone ed Italia per operazioni esospaziali congiunte, tra cui trasferimenti tecnologici a nazioni africane amiche o compatibili ed addestramento delle loro capacità nel mondo eso: Tokyo sembra prendere una postura di attore più influente nel Pacifico – è entrato nel secondo pilastro (collaborazione tecnologica) dell’accordo Aukus (Australia, Regno Unito e Stati Uniti) – che implica una maggiore presenza in Africa.  Sul piano geopolitico, il dare fiducia ed opportunità collaborative di crescita al mondo africano più evoluto, stabile e meno ostile è il migliore metodo per ridurre l’influenza predatoria di Cina e Russia in Africa: l’Italia si sta muovendo verso questa direzione con spirito di avanguardia sperimentale con la speranza di attrarre altri alleati nell’iniziativa, certamente l’America convergente.

Uno potrebbe chiedere che senso realistico abbia per l’Italia tentare vie di proiezione globale nel momento in cui è in condizioni problematiche sul piano dello spazio fiscale per investimenti a causa del problema del debito, priorità di riparazione e spinta alla competitività economica del sistema domestico. La domanda sarebbe corretta, ma la risposta razionale sarebbe: più peso Roma prende negli affari globali e meglio potrà ottenere sostegni sul piano delle regole europee e degli alleati G7. E una posizione collaborativa ed innovativa verso l’Africa è un passo chiave per lo slancio in direzione di uno status globale. Ma uno potrebbe continuare a chiedere che cosa ci guadagna l’Italia sul piano strettamente economico. La risposta è semplice: finora l’Africa è stata oggetto di azioni predatorie, ma il guadagno maggiore per una nazione non predatoria e che punta allo sviluppo dei partner africani può guadagnare di più via export bilanciato dalla giusta valorizzazione delle risorse africane importate, considerando che più una nazione in via di sviluppo cresce e più si alza la domanda di beni con alto valore. Ciò è evidente per un’economia trasformativa come quella italiana e giustifica sul piano del realismo l’approccio collaborativo al posto di quello neocoloniale (per esempio ex francese, perché Parigi ormai espulsa, e neo-cinese) o predatorio (russo). Poi vanno aggiunti altri fattori. L’Italia ha la priorità di governare i flussi migratori e non può sperare di essere aiutata dagli alleati dell’Ue: deve inventarsi qualcosa di nuovo. Una sperimentazione è in atto in Tunisia portando lì più risorse che trattengano l’emigrazione e più controlli. Un’altra è in corso sulla costa occidentale africana dove un consorzio confindustriale (Alto Adriatico) e varie associazioni istruiscono i locali per fare mestieri di cui c’è scarsità in Italia, con formule di immigrazione temporanea ben governata. Va aggiunto che Roma persegue come priorità la stabilizzazione della Libia: rapporti convergenti con l’Egitto possono aiutare. Poi sono in atto altre iniziative per il rifornimento di materiali critici, ecc. A cui si aggiunge un approccio inclusivo verso le nazioni arabe, pensando anche alla stabilizzazione del Mar Rosso e del traffico via Suez nonché ad aprire il collegamento India – Mediterraneo attraverso ferrovia che passi attraverso Emirati, Arabia, Giordania e, quando raffreddato il conflitto con i proxy dell’Iran (Hamas, Hezbollah e Houthi), sbocchi ad Haifa in Israele (progetto IMEC). In sintesi, Roma sta cercando di dare un contributo sia nazionale sia in coalizione con alleati e co-interessati ad una stabilizzazione generale entro cui aprire una propria via verso il Pacifico e tranquillizzare il Mediterraneo, prendendo anche influenza sui Balcani occidentali ed orientali. Roma vuole troppo, cioè essere una nazione europea ed allo stesso tempo un attore rilevante nelle alleanze extraeuropee? Non è troppo perché la crescita economica italiana futura dipende da questa strategia di “Italia globale”. Non sarà facile eseguirla e mi viene spontaneo invocare una convergenza tra destra e sinistra per creare una volontà nazionale compatta che aumenti la fattibilità della strategia stessa. Lo ritenete possibile?

(c) 2024 Carlo Pelanda
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