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Carlo Pelanda: 2023-12-31La Verità

2023-12-31

31/12/2023

La proiezione dell’industria italiana nello spazio extraterrestre

Esoeconomia. Questo articolo ha come riferimento il da poco rinnovato ed integrato “Comitato interministeriale per le politiche spaziali ed aerospaziali” coordinato dal ministro per le Imprese (Mimit) Adolfo Urso. Bene! Viste le nuove competenze, chi scrive si permette di segnalare una possibile strategia “eso” (spazio extraterrestre) per l’industria italiana con lo scopo di valutarla.

Chi scrive cerca dalla metà degli anni 90 di individuare i fattori trainanti per una proiezione costante ed espansiva nello spazio delle attività umane. Questa è stata finora spinta, ma con pause, dall’obiettivo della superiorità militare per il controllo dell’orbita, e in prospettiva di punti di presidio nel sistema solare, da cui è derivabile una deterrenza forte esercitabile sul pianeta, finanziata da spesa pubblica. Recentemente ha iniziato a svilupparsi un sistema di comunicazioni via satellite con investimenti (anche) di capitale privato, ma circoscritto all’orbita. Manca ancora un motivo economico forte - l’esoturismo non lo è - per sviluppare una esoeconomia civile che si autosostenga, necessariamente un’industria spaziale.  Ma se ne intravede uno: la scienza dei materiali sta individuando un numero crescente di oggetti che se costruiti in assenza di gravità offrono iper-prestazioni impossibili se confezionati in ambienti con gravità stessa: la distribuzione degli atomi in ambienti a zero o micro gravità offre una nuova generazione di materiali ed oggetti. Esempio di tecnologia già individuata sono wafer di silicio per chip elettronici, e sensori derivati, capaci di operare a temperature estreme, impossibili a farsi con tali prestazioni sulla Terra. Ci sono decine di altre tecnologie, oggetti e nuovi materiali “super” producibili in fabbriche eso a gravità zero. Da qualche anno chi scrive ha chiesto ad un sottogruppo del suo team di ricerca di formare un nucleo “Asimov” dedicato agli scenari di esoindustrializzazione ed esoscenaristica economica in generale. Da questo gruppetto provengono dati che mostrano la crescita degli esperimenti a zero gravità e – sorprendentemente – un potenziale della ricerca ed industria italiana di rilievo esotecnologico superiore a quanto creduto comunemente. Ma la quantità di capitale privato di rischio (venture capital) disponibile alle start up eso (e in altri settori tech) non è correlata a questo potenziale. Che tende a migrare in luoghi con capacità finanziaria, America in particolare, riducendo la spinta futurizzante per l’economia italiana. Da qui la raccomandazione al Comitato spazio di fare un censimento dei potenziali industriali italiani eso e di dedicare parte del nuovo fondo sovrano del Mimit alle start up di settore. Un primo passo per poi spingere la creazione di un Nasdaq italiano o dentro Borsa italiana - ma è di non rassicurante proprietà francese - o, meglio, farne uno italiano collegato a quello americano per iniziativa di privati però sostenuti da una politica decisamente spinta verso le nuove tecnologie tra cui quelle eso, queste un vero traino.

 Per inciso, sarebbe da vendere una fetta di patrimonio pubblico disponibile (circa 700 miliardi) per ridurre in modi non recessivi il debito (almeno di 250 miliardi in un decennio) e così trovare spazio fiscale per incentivare ricerca e nuove tecnologie nonché programmi innovativi di scala adeguata. L’Italia è una macchina del tempo. Andrebbe orientata verso il futuro e non solo verso il passato.

Se anche una piccola parte di questo cenno diventasse realtà, quali investimenti privilegiare? L’ingegneria italiana ha una buona tradizione nella costruzione di esohabitat: capsule spaziali e infrastrutture abitabili. Pertanto, senza togliere rilievo ad altri settori, l’industria italiana potrebbe prendere più peso per la costruzione di esocantieri che poi costruiscano esohabitat dove fare esperimenti e prodotti industriali a zero o micro gravità. Gli esocantieri sono necessari per costruire esohabitat ed astronavi sufficientemente grandi per creare gravità artificiale per gli operatori umani e schermi antiradiazione cosmica e così rendere possibili permanenze nello spazio di uno o più anni: oggi i moduli senza gravità e scudi portano a problemi medici dopo pochi mesi. Esonavi più grandi come? Portare i pezzi dalla Terra sarebbe troppo costoso. E’ oggetto di studio – per esempio in Giappone – prelevare i materiali dagli asteroidi. Fattibile? Dipende dal tesoro ottenibile. Centinaia di super-prodotti a zero gravità poi vendibili sarebbero un tesoro sufficiente per spingere la ricerca a risolvere i problemi? La probabilità è positiva, ma va studiato. Perché non fare tutto questo con robot ed intelligenza artificiale, risparmiando costi e rischi? Perché ci vuole comunque un coordinamento umano, ben istruito, per risolvere sul luogo gap dell’intelligenza artificiale e/o inventare adattamenti. La correlazione tra spesa militare per esosuperiorità ed esoindustrializzazione? Elevatissima: per dominare l’orbita bisogna fare (anche) proiezioni da esohabitat collocati nello spazio profondo, motivo di intreccio tra spesa militare ed investimenti privati. Esoscenario remoto o prossimo? Le sperimentazioni possono iniziare nel programma americano Artemis in via di attivazione finalizzato a predisporre una base lunare, dove l’Italia ha certa presenza (moduli, ecc.). Da qui la possibilità di un esocantiere in orbita lunare appare sviluppo ovvio, così come la costruzione di astronavi più grandi e sicure collegabili a laboratori eso con zero gravità, proiettabili verso gli asteroidi. Metro valutativo? L’immenso salto tecnologico civile generato dagli investimenti militari durante la prima Guerra fredda che sarà moltiplicato da quella in corso. Ad astra, esoauguri.

(c) 2023 Carlo Pelanda
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