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Carlo Pelanda: 2023-10-1La Verità

2023-10-1

1/10/2023

I porti italiani sono i migliori terminali della Via del Cotone dall’India

Nel recente G20 in India è stata firmata un’intesa preliminare tra India, Arabia, Emirati, Ue, Francia, Germania, Italia e Stati Uniti per creare una connessione diretta tra India e Mediterraneo sia navale sia ferroviaria che accorci di circa il 40% il tempo dei percorsi merci, portandolo a circa 10 giorni: Mumbai – Dubai via mare, Dubai – Riyadh - Al Haditha (Giordania) – Haifa (Israele), e poi da qui via mare verso le nazioni europee. Tale via (Imec: India/Middle East/Europe Corridor) non è solo un’infrastruttura viaria, ma un’asse di relazioni energetiche, commerciali ed industriali che appare precursore di un’area economica strutturata tra India, Arabia ed Europa sia costiera sia settentrionale, probabilmente con prossima inclusione dell’Africa. L’America sta facendo pressione su Arabia ed Israele affinché compiano gli ultimi passi di un riconoscimento formale reciproco, firmato il quale il progetto Imec potrebbe passare alla fase di esecuzione e – obiettivo principale statunitense – sostituire la Via della seta cinese in un pezzo di geografia mondialmente rilevante. Pertanto siamo vicini al momento in cui Roma, già ben posizionata, dovrà attivare una strategia di vantaggio nell’area detta.

Per inciso, chi scrive accettò volentieri di essere relatore al “Dibattito strategico” panarabo organizzato ad Abu Dhabi nel 2019 perché aveva colto da tempo la possibile rilevanza geoeconomica e strategica degli Accordi di Abramo (tra Israele ed Emirati con il benestare saudita), del partenariato strategico tra India ed Emirati (2017) e la parallela collaborazione crescente tra India ed Israele che tra le altre cose ha già portato un’importante presenza portuale indiana ad Haifa e dintorni logistici. Volle capire i possibili sviluppi parlando direttamente con chi li stava spingendo. Colse l’avvio dei negoziati “I2U2” tra India, Israele, Emirati e Stati Uniti, divenuti pubblici nel 2022 dopo un biennio di relazioni riservate. Ma, forse più importante, annotò il protagonismo sia degli Emirati sia dei sauditi ed annotò che era collegato e conseguente a quello dell’India. Negli appunti scrisse: L’America si sta associando all’iniziativa, non la ha disegnata. Così come l’Ue. Ipotesi oggi confermata: quell’area grigia che sta in mezzo ai blocchi sinocentrico e del G7 non è passiva né preda, ma attiva. Quindi l’obiettivo di portarla a convergenza con il G7 togliendo scala al potere globale di Pechino non potrà essere ottenuto con politiche tradizionali di influenza, ma attraverso relazioni di reciproco vantaggio e politicamente paritarie. Il G7 ha preso una posizione compatibile con questo criterio. Cosa che, per altro inciso, porta l’attenzione sul “metodo Mattei” che caratterizza la politica estera del nuovo governo italiano: appare adeguata al nuovo cambio di mondo.

Ma sarebbe prematuro cantare vittoria. Le nazioni dell’area grigia tra i blocchi tendono a negoziare con ambedue i loro vantaggi usando il confronto bipolare come occasione per mercanteggiare. Per esempio, l’Arabia che si sta impegnando nell’Ipec sta in questi giorni compiendo esercitazioni militari con la Cina e mantenendo una convergenza con la Russia nell’Opec +. Gli Emirati hanno comprato aerei addestratori cinesi. L’India appare più determinata a diventare il contropotere regionale nei confronti della Cina, ma mantiene relazioni di convergenza con la Russia e vuole “di più” per essere alleata di Stati Uniti, Giappone ed Australia nel teatro indopacifico del “Quad”. Così come l’Arabia sta negoziando duramente con l’America per ottenere tecnologia nucleare civile con il probabile intento di diventare potenza atomica per difendersi dalla minaccia iraniana. Per il G7 sarà un lavoro di strategia molto raffinata, con innovazioni, per portare a convergenza le nazioni chiave dell’area grigia.

Ma torniamo allo scenario Imec per la parte che riguarda il Mediterraneo. Quale sarà l’approdo principale delle merci che arriveranno da Haifa? Al momento le mappe indicano il Pireo in Grecia. Ma questo porto è (interamente) una proprietà della Cosco che, come ogni azienda cinese, ha l’obbligo di avere un commissario politico agli ordini di Pechino nei vertici. La Grecia ha una forte relazione bilaterale con l’India, ma questa situazione è un problema geopolitico non piccolo. Certamente Atene troverà una soluzione. Ma parte dei traffici navali, per risparmiare tempo e costi allo scopo di raggiungere l’Europa settentrionale, dovrà trovare il più possibile approdi a Nord. E i principali sono Trieste e Genova (non ancora sulle mappe che circolano). Poi ovviamente saranno rotte utili per alcune merci i porti di Spagna e Francia. Ma Trieste che ha un ottimo retroporto ferroviario e che può allargare la ricezione con quello di Capodistria appare un’inevitabile efficienza nel modello di collegamento India – Europa. Così Genova, valutando che è possibile limitare la concorrenza tra i due in base alle direttrici di collegamento con il Nord europeo. Qui il suggerimento a Roma è di assicurare ai porti italiani lo status di terminale della nuova via con l’India. Un modo per farlo bene è quello di predisporre un piano che sia utile a tutte le 9 nazioni costiere del Mediterraneo europeo, prendendo leadership. Ma Roma deve anche valutare la posizione dell’Egitto in relazione al Canale di Suez e delle altre nazioni della costa Sud del Mediterraneo, perseguendo una visione di vantaggi armonici e dando priorità al rifornimento di materiali alimentari dall’India alle nazioni desertiche.

Da giovane studente a Trieste chi scrive chiese ai membri della “Società teosofica” come mai questa avesse sede a Trieste, New York e New Delhi. Ma è ovvio, risposero.   

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