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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2023-8-20La Verità

2023-8-20

20/8/2023

Rischi e rimedi in vista dello scenario economico negativo del 2024

Lo scenario economico italiano per il 2024 è grigio con venature nere. Il rialzo del costo del denaro da parte della Bce è un motore recessivo non ben calibrato. La crisi del settore immobiliare in Cina, che non è nuova perché iniziata nel 2015 quando la sovracapacità (troppa offerta di costruzioni a debito in relazione ad una domanda decrescente) è diventata visibile, ma ora è esplosa con impatto impoverente di massa mette in difficoltà l’export tedesco ed il posizionamento produttivo delle aziende tedesche in Cina. Le esportazioni italiane in Cina sono molto minori, ma la Germania è uno dei clienti più importanti per l’export italiano, pur ridotta la sua rilevanza grazie ad una differenziazione globale del commercio estero italiano, e la sua recessione/stagnazione ha già un impatto. L’Economist prevede in un suo articolo che la Germania tornerà ad essere il malato d’Europa come lo fu negli Anni 90, poi tendenza invertita dal governo socialdemocratico Schroeder, nel 2002/04, con riforme basate su una strategia mercantilistica per compensare l’inefficienza del modello interno molto orientata verso Russia e Cina. Ma ora minata dal nuovo conflitto bipolare. Il punto: è possibile limitare il danno all’economia italiana?

Il governo appare consapevole del problema e sta cercando entrate extra per il bilancio statale, allo stesso tempo tentando di contenere le spese: il debito pubblico costerà di più per l’aumento dei tassi. La domanda di credito da parte delle imprese sta calando, sia per i costi sia per una previsione non ottimistica sulle condizioni future di mercato. Ma anche l’offerta di credito è più selettiva, in parte per prudenza delle banche, in parte per una pressione regolamentare della Bce che persegue la recessione come strumento di disinflazione. Inoltre la Bce non protegge più il debito italiano via acquisti dello stesso sul mercato secondario pur avendo attivo un programma di intervento – Tpi - in caso di emergenze. Quindi lo scenario, al momento, rende probabile un incremento del costo di servizio del debito e suo rifinanziamento ed una possibile crisi o comunque rallentamento degli affari per circa il 20-25% delle piccole imprese bancodipendenti, nonché una minore capacità di spesa delle famiglie per consumi a causa dell’inflazione e, per un numero significativo, dell’aumento del costo dei mutui variabili. Numeri: forse il Pil italiano lordo e macro non sarà recessivo nel 2023, ma l’economia entrerà azzoppata nel 2024. Qui il maggior rischio.

L’azione principale per mitigarlo dipende da una pressione diretta di Banca d’Italia nel direttivo della Bce per impedire un rialzo dei tassi ulteriore in autunno, al momento voluto dalla Bundesbank. Già Banca d’Italia ha espresso una posizione che invitava la Bce a valutare la velocità della disinflazione prodotta dai rialzi precedenti - che ci mette dai 10 ai 18 mesi per avere effetto - e dalla minore pressione dei prezzi in alcuni settori. Chi scrive, che adotta nel suo gruppo di ricerca un sistema sperimentale di calcolo della “velocità angolare” dell’inflazione basato su dati settimanali (nowcasting) rilevati in modo automatico, sta osservando una tendenza decelaritiva dell’inflazione stessa. Ciò rinforza la raccomandazione di Banca d’Italia di aspettare i dati prima di decidere. Ma un’altra raccomandazione sarebbe importante: sottoporre a critica l’idea, che sta affermandosi, di mantenere i tassi elevati a lungo. Questa idea ha un pesantissimo impatto recessivo, forse depressivo. Mentre una gestione di politica monetaria corretta sarebbe quella di vedere in anticipo il calo dell’inflazione e, oltre a non esagerare con rialzi eccessivi dei tassi o loro lunghezza temporale precauzionale – come voluto da Isabel Schnabel del direttivo Bce, Christine Lagarde non sufficientemente tecnica per prendere leadership in materia - far intendere al mercato una stagione con maggiore probabilità di taglio dei tassi stessi, anticipandola e così ricreando ottimismo espansivo nell’Eurozona. Tecnicamente è una partita complicata, considerando anche l’incertezza nel vertice della statunitense Fed, che però Banca d’Italia ha la competenza per gestire. La scelta del governo di imporre una tassa su extraprofitti delle banche senza – pare – avvertire prima Bankit ha indebolito la forza di quest’ultima. Da un lato, il nervosismo del governo è comprensibile. Dall’altro, in materia è sano agire in convergenza con Bankit stessa, ridurre la questione ad un prelievo una tantum, trovare altri modi per aiutare famiglie ed imprese (ce ne sono), gestendo questa anomalia come un caso minore, per altro azione già impostata dal ministro dell’Economia riducendo l’impatto fiscale della misura. Qui si raccomanda una forte riconvergenza tra governo e Bankit nonché con Abi.

Il rischio export verso la Germania va, invece, affrontato dal governo accelerando ed intensificando l’ottima strategia di estensione globale dell’azione italiana che ha già impostato, pensando anche al rischio di ritorsioni dopo la necessaria cancellazione da parte italiana dell’accordo con Pechino di partecipazione della Via della Seta, fatto da un imprevidente governo italiano precedente. Per un trattato economico Ue – America, invocato dal Ppe a conduzione tedesca, bisognerà aspettare le nuove elezioni presidenziali statunitensi a fine 2024. Per sostenere l’export italiano con nuovi approdi va spinta l’azione del governo, e sostenuta quelle delle imprese, verso Giappone, Australia, India, ecc., per globalizzare di più il commercio estero nazionale.   

(c) 2023 Carlo Pelanda
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