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Carlo Pelanda: 2023-9-3La Verità

2023-9-3

3/9/2023

Il Vaticano globalmente attivo è una risorsa

Il Vaticano va considerato come un impero mondiale assieme ad America e Cina. E’ diverso da questi perché non applica una politica diretta di potenza, ma è assimilabile perché la conduce indirettamente: la conquista delle menti. Chi scrive non è un credente - se lo fosse frequenterebbe una sinagoga - ma è fermamente convinto della necessità di una convergenza strategica tra lo Stato del Vaticano e l’alleanza delle democrazie per vincere il confronto planetario con i regimi autoritari. Per rispetto della Chiesa va subito sottolineato che questa visione strategica non implica una considerazione strumentale della Roma vaticana come Instrumentum regni: Chiesa e Stati hanno missioni diverse. Ma un dato indica l’utilità della loro convergenza: il cristianesimo come le democrazie hanno fondamento nella libertà dell’individuo. In un mondo dove c’è un conflitto tra regimi autoritari e democrazie sempre più marcato appare evidente, anzi ovvia, la necessità di convergenza tra chi persegue la strategia di vittoria della libertà, globalmente.

In questa ottica la visita del Papa in Mongolia ha rilievo strategico. Non solo per le due migliaia circa di cattolici locali, ma per l’effetto di prossimità nei confronti dei cattolici centroasiatici e, soprattutto, cinesi. Questi sono superati in numero dai cristiani protestanti in Cina, ma la Chiesa riformata è frammenta in diverse confessioni senza un vertice comune: pertanto è la Chiesa cattolica – con un miliardo e mezzo di fedeli nel mondo ed una architettura verticistica - l’organizzazione più capace di dare un significato geopolitico alla conquista delle menti.

 Per inciso, chi scrive presentò questa argomentazione agli amici repubblicani negli Stati Uniti nel 2002 in occasione di seminari in cui aveva certa presa l’idea dei protestanti Rinati in Cristo (Reborn in Christ) di unire nel potere esecutivo statunitense la figura di capo politico e religioso, consolidando l’idea di Washington come “Terza Roma superiore”, anche seconda Gerusalemme: alle democrazie serve la separazione tra Stato e Chiesa per poter implicitamente aiutare l’espansione sia dell’uno sia dell’altra. E serve la convergenza sul piano della “salvazione in Terra”, e non in Cielo, senza confusione tra le due missioni, con una Chiesa dotata di forte organizzazione, caratteristica che quelle protestanti ed ortodossa non hanno. E per l’alleanza tra Stati democratici bisogna evitare il conflitto tra religioni se vorrà espandersi oltre il mondo cristiano, per esempio il Giappone, l’India, ecc. Fortunatamente ci furono tante voci che sostennero questo punto, marginalizzando il concetto di impero teocratico.

Sul lato della Chiesa, la visita in Mongolia è un ulteriore tappa della strategia per portare la sua presenza in luoghi del mondo con presenza cattoliche residenti minime dando loro attenzione, in alcuni casi pentendosi pubblicamente di azioni del passato come nel caso degli eschimesi in Canada.  Ma Pechino ha contrastato i viaggi di cattolici cinesi che volevano vedere il Papa, segno di nervosismo. Con abilità politica il Papa ha inviato a Pechino un telegramma di ringraziamento, per il permesso di sorvolo della Cina, e speranza di comprensione reciproca in materia di pace. Ha avuto una risposta positiva. Qualche analista si è chiesto se c’è qualche relazione tra il fatto che tra i quattro successori possibili del Dalai Lama uno è mongolo. Chi scrive non lo sa, ma ritiene tale curiosità sensata perché la più grande debolezza del regime cinese è nel fronte religioso interno quasi totalmente anti regime: diverse sette di origine locale, varianti buddiste e presenze cristiane, l’insieme una percentuale rilevante della popolazione. Infatti Pechino tratta con molta attenzione questo problema: in alcuni casi reprime, in altri controlla strettamente come succede alla Chiesa cattolica che è pressata per condividere la nomina dei vescovi e che risponde con tentativi di compromesso, ma senza rinunciare oltre misura al proprio potere di nomina degli stessi. Sul piano strategico è ovvio che per le democrazie sia importante una crescita della popolazione cristiana, come di quella buddista e di sette con tendenza pacifista in Cina: quando e se il regime comunista imploderà sarà utile poter contare su figure politiche con cultura non autoritaria ed “umanesimo compositivo”.  Ma è scrutabile la strategia di Papa Bergoglio?

Analisti specializzati rilevano la frizione tra Segreteria di Stato vaticana e Papa che ha compresso la rilevanza della prima nelle decisioni della Santa Sede perseguendo una propria idea. Tale idea pare in divergenza con l’America e con la Chiesa statunitense, relativamente indifferente all’ambiente europeo, pur contrastando con forza alcune posizioni moderniste del clero tedesco, non troppo concentrata sull’Africa – area critica sul piano geopolitico dove il cattolicesimo è più forte che altrove anche per il vasto presidio da parte dei missionari - e troppo attenta all’Asia. Come se la Chiesa cattolica stesse de-occidentalizzandosi. Ma chi scrive ha un diverso parametro di valutazione: attivismo e passività. All’alleanza delle democrazie è sufficiente che la Chiesa cattolica sia attiva. Bergoglio lo è. E’ un gesuita che non sembra tale, forse più emotivo che razionale? Se ciò porta ad un attivismo non è una cattiva notizia. Meno istruito della sofisticata e istruitissima diplomazia vaticana classica? Sono affari della Chiesa. Al momento per le democrazie è utile che si concentri sull’Asia. Con il dovuto rispetto, sarebbe anche utile una maggiore presenza nel Sud globale, un tentativo più forte di dialogo con i patriarcati ortodossi ed una visita nel luogo dove gli Emirati hanno costruito, adiacenti, una chiesa cristiana, una sinagoga ed una moschea nell’ambito degli Accordi di Abramo.  

(c) 2023 Carlo Pelanda
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