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Carlo Pelanda: 2022-6-5La Verità

2022-6-5

5/6/2022

La Russia è centrale sia per la Cina sia per l’alleanza delle democrazie

La Cina sta dando segnali di distanziamento dalla Russia, ma è per metà una finta e per l’altra metà una strategia di conquista della Russia stessa dopo che sarà stata indebolita dalle sanzioni. La finta del distanziamento serve nel breve-medio termine ad evitare le sanzioni secondarie minacciate dall’America in caso di aiuto alla Russia. Ma va annotato che pur uscendo dalla Russia stessa alcune società cinesi ed avendo Pechino vietato i voli commerciali verso la Cina (con la scusa della mancata manutenzione dovuta alle sanzioni) questa mantiene un aiuto sotterraneo a Mosca in termini di “funzioni santuario”, non aggressività nell’Asia centrale e non espansione via pressione demografica forzata verso la Siberia come attuate fino a poco tempo fa, ecc., per mantenere comunque una base di buoni rapporti. Che saranno utili nel futuro per prendersi i tesori russi quando Mosca sarà senza mezzi per difenderli. La strategia cinese vede con favore l’indebolimento di Mosca via sanzioni, pur criticandole pubblicamente, perché ne favoriscono la conquista prospettica.

Chi scrive ritiene improbabile che gli analisti russi e quella parte delle Forze Armate capace di pensiero strategico autonomo nel regime putiniano non vedano questo progetto cinese di vassallaggio della Russia. E ciò suscita la curiosità di capire come pensino di evitare tale scenario sempre meno ipotetico. Trapela che una parte di questi strateghi, la più anziana sembra, non ritenga il pericolo cinese esistenziale, forse perché abituata a vedere Pechino come potenza militare inferiore: confidano in un blocco sinorusso dove Mosca sarà necessaria, e quindi non vassallabile, per rafforzarlo sul piano delle armi spaziali e navali, in particolare sottomarini, su quello delle rotte artiche che appaiono l’unico sbocco sicuro per la marina cinese circondata nel Pacifico da un cordone a guida statunitense, nonché su quelli energetico ed alimentare. C’è la sensazione che questa ala di pensiero strategico coincida abbastanza con il gruppo dei putiniani al comando. E fa ipotizzare che tali concetti siano influenzati dalla priorità di difendere il regime autoritario dalla pressione democratica spontanea che sta allargandosi nella parte cisuralica ed urbana della Russia e in Bielorussia. In altre parole, il regime sta sbagliando analisi per paura della crescente domanda popolare di libertà, portandolo ad una convergenza con la Cina nazionalsocialista che ha lo stesso terrore in relazione alla pressione democratizzante esterna e ad una interna iniziale, sottovalutando i pericoli prospettici. Ma alcuni segnali indicano che una parte o più giovane e/o comunque meglio addestrata al pensiero strategico “lungo”, valuta più realisticamente sia il pericolo cinese futuro sia quello più ravvicinato di un’implosione o comunque forte compressione della Federazione russa. Tale componente non è filo-occidentale, persegue l’idea di una Russia come potenza autonoma e fa filtrare che l’esagerazione bellica voluta da Vladimir Putin, con esiti erosivi e dereputazionali, diverge dall’interesse nazionale russo, compromettendolo. E lo fa filtrare, via samizdat scritti a mano, in Inglese.

C’è veramente una fronda ai piani alti del regime? Oppure è un inganno raffinato per influenzare media e consiglieri dei governi sanzionatori? Cioè: se mantenete a lungo le sanzioni, la Russia finirà in mano alla Cina. Chi scrive non ha i mezzi per rispondere. Tuttavia, pensa sia necessario porre un problema di “Grand Strategy” al complesso democratico: se la Russia cadrà definitivamente nelle mani della Cina, influenzando buona parte dell’Asia centrale, il blocco sinorusso a guida cinese sarà troppo grande per essere circondato e condizionato. Mentre l’obiettivo del G7, articolato in alleanze locali militari e politiche, come Nato, Aukus, Quad, gruppo di consultazione euroamericano per la limitazione delle tecnologie critiche cinesi, ecc., è quello di comprimere il raggio del potere di Pechino entro i suoi confini, rendendolo troppo piccolo per diventare globale e minacciare con il proprio modello di capitalismo autoritario il dominio del capitalismo democratico globale, cioè il mondo delle democrazie. La condizione di vittoria è la compressione condizionante della Cina, non il solo contenimento, pur evitando la sua implosione. Se Pechino conquistasse la Russia, tale obiettivo sarebbe difficile da raggiungere perché l’enorme Eurasia si consoliderebbe con la complicazione di una piccola testa di ponte per il mondo democratico ridotto alla sua penisola occidentale, cioè la debole Ue, ed un Mediterraneo costiero e profondo esposto a tensioni. L’idea francese di un’autonomia strategica europea in tale scenario è perfino ridicola – infatti la Germania mai la accetterà - pensando ai rapporti di forza e scala: l’Ue diventerebbe vassalla dell’Eurasia sinorussa. Ma anche la convergenza euroamericana, pur dando forza all’Ue e più capacità globale all’America ed al G7, per esempio per le proiezioni di potenza in Africa, sarebbe un modello insufficiente. Pertanto, sia il complesso democratico globale sia la Cina hanno come obiettivo l’influenza sulla Russia. La Cina in forma di conquista, mentre al complesso democratico basterebbe una Russia autonoma, non implosa e capace di tenere confini controllati e barriere con la Cina. Per i politici del complesso democratico questo tema di scenario a 10 anni è comprensibilmente secondario nelle contingenze della tragedia ucraina e suoi impatti. Ma ci sono i motivi per raccomandare che entri al più presto nel pensiero strategico comune delle democrazie, Ucraina inclusa.

(c) 2022 Carlo Pelanda
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