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Carlo Pelanda: 2021-7-4La Verità

2021-7-4

4/7/2021

Il sovranismo è una reazione ad un modello europeo sbagliato

Vanno chiariti i termini “europeismo” e “sovranismo” perché il loro uso tende a distorcere la realtà politica nell’Ue. Semplificando, gli europeisti perseguono l’idea di una configurazione federalista. Ma questa idea non corrisponde alla realtà: nessuna nazione europea, infatti, mostra segni di voler sciogliere completamente la propria sovranità conferendola ad un agente europeo, Germania in primis. Corrisponde alla realtà, invece, l’interesse di ogni nazione a moltiplicare la propria forza attraverso un’alleanza dove è collocata in una posizione ragionevolmente comoda. Pertanto, l’europeismo reale è l’espressione strumentale/diplomatica di un interesse nazionale.  Ciò lo fa classificare come una forma cooperativa di sovranismo. Da annotare, poi, che la Francia a conduzione Macron predica una “sovranità europea” perché ritiene che essendo l’unica potenza nucleare regionale e che avendo una posizione di dominanza entro l’Ue tale modello le fornirà un vantaggio differenziale: sovranismo europeo francocentrico come espressione di sovranismo esasperato francese. In sintesi, l’europeismo reale è un linguaggio imperiale, cioè di affermazione di alcune nazioni su altre.

 Nell’Ue c’è un nucleo di comando franco-tedesco che tende a sopprimere le proteste delle nazioni che non si sentono comode nell’Ue. Inoltre, questo si combina con una maggioranza delle sensibilità politiche di centrosinistra. Pertanto le malcapitate nazioni che hanno problemi di scomodità nell’alleanza e/o sono guidate da destre (regolarmente elette) vengono demonizzate come “sovraniste” così come i partiti di destra. Quindi il sovranismo è un’accusa che vien fatta a chi rifiuta il potere asimmetrico di Francia e Germania e/o esprime divergenze dagli standard europei decisi da queste due nazioni e loro vassalli. Ovviamente questo stato di cose esaspera i nazionalismi e le espressioni divergenti di chi è danneggiato, facendo emergere esasperazioni rivendicative o neo-indipendentiste sia di intere nazioni sia di partiti in esse. Infatti il nuovo presidente di turno della Ue, lo sloveno Janez Jansa, ha affermato che c’è un rischio di frammentazione dell’Ue stessa, facendo riferimento particolare ai disagi di alcune nazioni dell’Europa orientale, ma indirettamente ad un modello europeo che non funziona sul piano compositivo. Detto da uno sloveno che ha vissuto la frammentazione della Jugoslavia, questo è un segnale a cui va data attenzione. Qual è il problema principale da analizzare e risolvere? E’ l’asimmetria del potere in Europa che comporta scomodità per alcune nazioni partecipanti, peggiorata in casi dove tale potere si fa troppo intrusivo.

Analizzando più a fondo il caso Brexit, si trova che se la Ue a avesse creato una posizione di autonomia speciale (un accordo di libero scambio rinforzato da standard economici e finanziari comuni al posto della sudditanza a Bruxelles) per il Regno Unito prima del referendum indipendentista, questa nazione sarebbe probabilmente ancora entro la Ue stessa, con vantaggio reciproco.  

Condivido la preoccupazione di Jansa e per questo da anni studio come comporre le nazioni in alleanze stabili non togliendo loro sovranità, con metodo imperiale come ora tentano Francia e (meno visibilmente) Germania, ma portando le loro sovranità ad essere “convergenti e reciprocamente contributive”. Al riguardo dell’ingegneria, il riferimento è il metodo funzionalista utilizzato per l’integrazione progressiva della Comunità europea dal 1957, e anni precedenti, fino al Trattato di Maastricht (1992) che sostituì il metodo dal basso in alto con uno verticale: l’Unione a conduzione diarchica franco-tedesca. Semplificando, il metodo funzionalista permetteva alle nazioni di integrare alcuni settori dove ciò era utile per tutti e di rinviare ciò che al momento non era tale. Devo dire che questa mia posizione viene criticata da chi ritiene realistica solo la composizione di nazioni attraverso l’azione di un potere prevalente. Ma la controcritica è che così facendo poi si creano complessi multinazionali esposti alla frammentazione. E per evitarlo è necessario rendere comoda la partecipazione delle nazioni ad un’alleanza affinché la partecipazione stessa risulti essere un moltiplicatore della sicurezza e ricchezza nazionale di ciascuno. Cioè, più il modello è flessibile e più ci sarà coesione sulle questioni più importanti. Ovviamente bisogna studiare e innovare molto, ma se si resta ancorati alla dominanza franco-tedesca tali innovazioni e studi non troveranno mai spazio. Pertanto, la prima cosa da fare è far capire alle conduzioni politiche di Francia e Germania che il Trattato diarchico del 1963, poi rinnovato nel 2019 ad Aquisgrana, non è compatibile con l’Ue. Ciò darebbe all’Ue stessa un minore profilo imperiale che ridurrebbe le controreazioni di chi si sente in situazione di vassallaggio. Meno di un’Unione? Sì, ma molto più di un’alleanza, cioè un complesso di nazioni molto più coeso di quanto lo è ora perché ciascuna ha una posizione comoda e vantaggiosa.

In tale configurazione di “sovranità convergenti e reciprocamente contributive” sparirebbero le forme di sovranismo inteso come nazionalismo esasperato e “chiusista” perché la sovranità sarebbe rispettata (cosa che implica anche un’innovazione flessibile dell’Eurozona). E non ci sarebbe motivo per contrapporre europeismo e sovranismo, riducendo il rischio di frammentazione dell’Ue. La sinistra, ormai inerziale ed obsoleta, non tenterà mai una cosa del genere. Tocca alla destra (liberale) spingere questo nuovo progresso.

(c) 2021 Carlo Pelanda
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