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Carlo Pelanda: 2020-9-6La Verità

2020-9-6

6/9/2020

La Germania dovrà abbandonare il mercantilismo

In Germania è sempre più visibile ed acceso lo scontro tra attori politici favorevoli ad una collocazione eurasiatica-mercantilista e quelli che sostengono una netta postura pro atlantica e pro democrazie. Angela Merkel tenta di mantenere la Germania in una posizione che non comprometta le relazioni né con l’America né con Russia e Cina né con la Turchia né con l’Iran: il neutralismo mercantilista, appunto. Ma è sempre di più in difficoltà. Per il pensiero strategico italiano – che deve non solo tener conto della dipendenza dall’export tanto quanto la Germania, ma anche del fatto che questa è il cliente principale per l’industria nazionale - è importante cercare di capire se Berlino svolterà verso il mondo delle democrazie o meno, trainando l’Ue.

Il caso dell’avvelenamento di Alexei Navalny è stato preso come scusa dai Verdi, dal Partito liberale, da alcuni membri rilevanti della Cdu e, più in sordina, da una parte dei socialdemocratici per sostenere l’interruzione del gasdotto “North Stream 2” che porta il gas russo in Germania con la motivazione che non si possono avere relazioni con un regime autoritario. Una parte di tale movimentazione dipende dalla (forte) componente pro-atlantica dentro la Cdu (meno nella bavarese Csu) che è il terminale politico delle pressioni statunitensi che non vogliono la dipendenza totale della Germania dalle forniture energetiche russe e spingono, in generale, per una convergenza più marcata con l’America. Ma una parte consistente della ribellione antirussa deriva da una sincera presa di posizione pro-democrazia, anche rilevabile nelle fonti di opinione pubblica. Merkel è stata costretta a fare la voce grossa contro la dittatura in Bielorussia, contro la minaccia di intervento armato da parte di Vladimir Putin per evitare che Minsk – in piena mobilitazione di massa contro la dittatura - cada sotto influenze occidentali, ecc. Tale mossa è stata, per un verso, ovvia perché Berlino teme le accuse degli europei baltici e orientali di non proteggerli a sufficienza dalla minaccia russa. Ma ha dovuto caricarla di più per motivi di consenso interno. Tuttavia, si è limitata a dichiarare che la questione del (secondo) gasdotto baltico “resta aperta”, segno che cerca di mantenere la sua posizione neutralista, ma in evidente difficoltà. Si tenga conto che il progetto dei gasdotti russo-tedeschi fu avviato dall’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, poi divenuto presidente dell’iniziativa con lauto stipendio, e riservatamente sostenuto dalla corrente favorevole alla “GeRussia”, cioè ad un’alleanza russo-tedesca per un dominio dell’Eurasia che escludesse sia America sia Cina, e da parecchi interessi industriali che sarà difficile smontare. Ma sarà anche difficile non tener conto della crescente ribellione contro la complicità con le dittature nell’elettorato oltre che della pressione americana. Ora il punto più rilevante è capire se questa novità impatterà anche sulle relazioni con la Cina nazista.

Alcuni colleghi tedeschi mi hanno inviato una stima della dipendenza dell’industria tedesca dall’export in Cina, avvertendomi che una parte rilevante di questo contiene componenti prodotte in Italia. Altri mi hanno fatto notare che l’ostilità nei confronti della Russia è facilitata da memorie storiche e che sarebbe imprudente inferire che c’è un movimento crescente disposto a sacrificare il mercantilismo in nome dei valori democratici. In sintesi, un rischieramento non-mercantilista della Germania nel mondo delle democrazie (svolta già compiuta dal Giappone) comporta un impatto sulla ricchezza che rende probabili dissensi. Al massimo vi potrà essere una maggiore barriera alla penetrazione cinese, ma non certo una spinta tedesca nell’Ue per schierarla con l’America. A questi ho risposto inviando uno scenario, e dati, in cui la Cina sta sostituendo le merci importate dalla Germania con produzioni proprie, dopo aver rubato il rubabile sul piano tecnologico. Merkel sta cercando di mantenere quote di mercato in Cina dando in cambio aperture al regime – ora in difficoltà e che teme l’isolamento internazionale – pur attenta a tenere le relazioni sotto la soglia politica, diversamente dai dilettanti nostrani. Ce la potrà fare nel breve, ma nel medio-lungo la Germania perderà quote di mercato in Cina o potrà mantenerne una parte solo mettendosi in posizione di vassallaggio con Pechino. Tuttavia, il risveglio pro-democrazia di una parte rilevante della popolazione tedesca impedisce la seconda opzione. Pertanto Berlino dovrà sostituire con altri mercati il calo in quello cinese. E gli altri mercati, specialmente in Asia, sono tutti parte di un’alleanza anticinese, Iran a parte. Mi ha fatto piacere rilevare che, in questi colloqui, dei blasonati colleghi tedeschi abbiano alla fine concordato su questa riflessione di “Grand Strategy” e sulla fine del “metodo Merkel- Schröder”. E che anche quelli più mercantilisti abbiano riconosciuto la priorità di un trattato economico tra Ue ed America con implicazioni di ri-convergenza politica e in sede Nato. Ora le forze mercantiliste prevalgono, ma nel prossimo futuro la Germania cambierà postura per motivi sia di interesse geoeconomico sia di etica pubblica. La politica italiana dovrebbe anticiparla, riducendo le relazioni con la Cina e creandone di nuove in Asia e nel mondo, anche per favorire la svolta tedesca e, quindi, dell’Ue.

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