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Carlo Pelanda: 2020-3-15La Verità

2020-3-15

15/3/2020

Serve un prestatore illimitato di ultima istanza

Il mantenimento della fiducia economica e di una profezia positiva nel mercato in situazione di incertezza richiede come priorità assoluta la comunicazione che c’è un prestatore illimitato di ultima istanza capace di fornire denaro, in forme dirette ed indirette, alle unità economiche in crisi. Tale comunicazione non deve essere condizionata da un calcolo di sostenibilità, cioè dalla definizione di un limite perché se lo fosse gli attori del mercato sconterebbero lo scenario peggiore a causa di un gap di garanzia, così causandone l’attualizzazione. Per esempio, questa è la logica che ispirò la dichiarazione di Mario Draghi quando l’euro fu a rischio di dissoluzione, nel luglio 2012: la Bce farà tutto quello che è necessario. Ma bisogna annotare che per riuscire a farlo dovette aspettare circa un anno e mezzo, cioè che la deflazione diventasse evidente per disattivare il divieto statutario che impedisce l’acquisto di debiti nazionali allo scopo di garantirli contro il rischio di insolvenza. E questo ritardo di garanzia fu una concausa della maxirecessione 2013-14 in Italia. Perché tale annotazione? Mentre le nazioni con piena sovranità economica e monetaria hanno banche centrali con statuti che permettono loro operazioni di garanzia illimitata, quelle dell’Eurozona hanno trasferito la sovranità economica stessa ad un agente europeo che non le permette. Perché la pienezza di una tale garanzia da parte della Banca centrale è fondamentale in tempi di crisi? Le misure di tenuta economica d’emergenza implicano incrementi in deficit della spesa pubblica, producendo debito che deve essere garantito da qualcuno per non destabilizzare il sistema: questo qualcuno è una Banca centrale che può stampare denaro direttamente o indirettamente, cioè comprando e sterilizzando debiti, gonfiando il proprio bilancio. Il punto: o la Bce diventa un prestatore illimitato di ultima istanza oppure parecchi Stati con debito già troppo elevato, tra cui l’Italia, dovranno mettere un limite all’intervento statale anticrisi, esponendosi ad una crisi depressiva del mercato interno che giustificherebbe la rivolta di massa contro euro e Ue    

Al momento questo punto è tabù – pur la Commissione consapevole del problema e aperta a concessioni espansive illimitate per evitare che scoppi -   nelle relazioni intraeuropee sia perché le nazioni rigoriste non vogliono nemmeno sentirne parlare sia per la speranza che entro poche settimane l’impatto economico della pandemia si riduca e venga avviata la ripresa. Ma questo è lo scenario migliore, quello intermedio è di crisi acuta, cioè di terapia intensiva economica per almeno sei mesi, quello peggiore è di un biennio recessivo-stagnante caratterizzato da un numero elevato di morti economiche. Il primo sta perdendo probabilità mentre il terzo la sta aumentando, pur il secondo a probabilità ancora prevalente. Ma per le nazioni molto dipendenti dell’export, come Germania ed Italia, il rischio di ripresa molto lenta della domanda globale – a causa di un contagio prolungato nel mondo e di reazioni rinazionalizzanti dappertutto - è più carico di pericolo distruttivo che in altri Paesi. Infatti il governo tedesco sta calibrando le misure su questo caso peggiore stanziando più di 500 miliardi e annunciando che farà di più se necessario, fino alla nazionalizzazione delle grandi imprese se queste in grave difficoltà. L’Italia, invece, sta calibrando sul caso migliore, con un approccio gradualista. Non è una critica, ma la constatazione che Roma ha problemi nel prepararsi al caso peggiore perché se lo annunciasse in condizioni di debito già eccessivo lo spread salirebbe alle stelle destabilizzando il sistema bancario nazionale, cosa che a sua volta impatterebbe sulle decine di migliaia di piccole aziende che operano solo con credito e non con risorse proprie. La Francia è in condizioni prospettiche peggiori dell’Italia, ma confida sul suo peso geopolitico per ottenere liquidità d’emergenza senza modificare il modello, ricattando la Germania: ti sarò complice nel mantenere una Bce incompleta perché il tuo elettorato non accetterebbe l’evoluzione verso una vera Banca centrale, ma tu fammi dare i soldi che servono. Non a caso è un decennio che Parigi fa debito oltre i parametri. Questi gli scambi nelle segrete stanze, tralasciando quelli più aggressivi su cui sta indagando il Copasir. Ma in realtà se si verificasse lo scenario peggiore, anche un po’ meno, nessuna euronazione potrebbe restare in piedi senza la fornitura di aiuti di Stato garantiti dalla Bce con formula illimitata.

Tale ipotesi porta l’attenzione sulla tecnica: è possibile gonfiare il bilancio di una Banca centrale al punto di renderla prestatore illimitato senza de-valorizzare una valuta? Secondo me e altri ricercatori – che stanno studiando le caratteristiche gestionali di una moneta fiduciaria nell’era digitale – lo è, e ci sono già dei precedenti di prassi che lo indicano. Potrà Roma porre il tema? Sarebbe accusata di non voler ripagare il proprio debito caricandolo su altri e brucerebbe l’opportunità di uno shock che mostra chiaramente la necessità di un cambiamento della Bce oltre che del Trattato di Maastricht, ambedue depressivi. Forse il tema, invece, potrebbe essere posto in sede G7 nell’ambito di un rispristino del coordinamento globale anticrisi. Una vera garanzia di ultima istanza, infatti, ha bisogna della convergenza tra dollaro, yen ed euro. Roma lavori in silenzio, ma con sostanza strategica, su questa ipotesi.  

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