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Carlo Pelanda: 2019-11-19Milano Finanza e Italia Oggi

2019-11-19

19/11/2019

La priorità dell’ordine

Chiarimenti. In relazione al Mes – che per inciso non è il vero europrestatore di ultima istanza potendolo essere, per scala, solo la Bce – la giusta logica strategica per l’Italia senza forza negoziale per proprio disordine interno è evitare di cadere nei guai e non quella di attutire con lamentele o rivendicazioni la condizionalità dello strumento di soccorso. In caso di guai, infatti, comunque siano redatti i testi, scatterà una condizionalità europea che punterà ad impiegare in modi forzosi il patrimonio privato per coprire il buco pubblico, con esito devastante. Fino a che Francia e Germania riterranno loro interesse primario l’esistenza dell’euro, l’eventuale minaccia alla sua stabilità sarà soffocata con violenza spietata indipendentemente dai trattati (vae victis, Brenno, 386 a.c.). Sarebbe questo un buon motivo per divergere o perfino uscire dall’area monetaria? No, perché il mercato finanziario globale classificherebbe l’Italia come zona radioattiva, distruggendola comunque. Ricorrere al ricatto che se l’Italia va in default implode l’Eurozona? Verrebbe cambiato il governo con un golpe esterno, come già successo. L’America aiuterebbe l’Italia? No perché il contagio globale di un’eurocrisi colpirebbe anch’essa, come già valutò Obama nel 2011. In sintesi, per evitare condizionalità dannose l’Italia ha l’unica alternativa di rimettersi in ordine sovranamente per non cadere in guai. Ma è ancora possibile tentarlo o è troppo tardi?

Per riordinare l’Italia servirebbe un potere verticale fornito dall’elezione diretta del Presidente della Repubblica. La missione prioritaria sarebbe quella di tutelare il patrimonio privato mettendo parte di quello pubblico disponibile al servizio di una riduzione del debito statale, (ri)conquistando rating e credibilità. Un’altra, in parallelo, sarebbe quella di concentrare capitale finanziario in un “fondo sovrano di ristrutturazione” aperto ai privati, anche esteri, per gestire con logica di private equity le crisi di industrie, riportandole in bonis. Punto chiave, poi, sarebbe una strategia cavouriana di concentrazione di “capitale politico” ingaggiando le Forze Armate in ruoli più attivi per poter scambiare alla pari l’esportazione di sicurezza con l’importazione di ordine. Il punto: la risposta dipende da quale personale politico emergerà per condurre l’Italia. Se lo facessero squali e non sardine, cioè portatori di pensiero forte e non debole, l’Italia avrebbe una chance, considerando che resta una potenza industriale. Riflessione indirizzata a chi ha e/o gestisce patrimonio residente in Italia.                  

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