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Carlo Pelanda: 2018-12-7Milano Finanza e Italia Oggi

2018-12-7

7/12/2018

La strategia di americanizzazione dell’auto tedesca

Il settore dell’auto è un generatore primario di nuove tecnologie e diffusore delle stesse con effetti qualificanti nel sistema industriale residente e selettivi nel globo. Negli scenari di “geopolitica economica” l’auto va valutata come fattore di potenza nazionale e di proiezione della stessa nel mondo via dominio degli standard. E’ probabile che l’Amministrazione Trump abbia avuto in mente questa qualità strategica del settore auto in combinazione con un’analisi dove i produttori residenti negli Stati Uniti hanno un gap di almeno 15 anni-tecnologia nel settore stesso. Uno dei motivi è che l’enorme mercato interno nordamericano non ha incentivato un’espansione in quello globale trainata dalla competizione tecnologica, in combinazione con la troppa finanziarizzazione delle aziende che ha compresso nuovi investimenti ed un eccesso di concorrenza estera nei segmenti premium che ha portato le produzioni nazionali a concentrarsi sul lato basso e meno tecnologico del mercato. Anche il carburante non tassato ha sfavorito l’evoluzione tecnica.  In sintesi, l’industria dell’auto statunitense non è competitiva e qualora ottenesse l’abolizione dei dazi troverebbe domanda minima per i suoi prodotti nel mondo. Per renderla competitiva e fattore sia di lavoro qualificato sia di potenza, il centro strategico americanista, probabilmente, ha deciso di conquistare l’industria tedesca che è prima per qualità nel pianeta. L’ipotesi è corroborata dalla natura molto politica della trattativa diretta tra Casa bianca e Volkswagen, Daimler Benz e Bmw. Va ricordato che anche l’Amministrazione Obama avviò una pressione strategica sull’industria europea dell’auto. Ma quella Trump la ha precisata definendo un obiettivo e calibrando bastone e carota per ottenerlo: americanizzare l’industria tedesca per colmare il gap nazionale e grazie a questo rendere dominante l’auto “amerotedesca” nel mondo, in particolare nel mercato asiatico. Il governo tedesco – che temeva un ricatto per forzare l’adesione della Germania ad un trattato commerciale euromericano simmetrico che Parigi non vuole -   ha fatto fatica ad ottenere la presenza del suo ambasciatore agli incontri detti sopra. Gli è stata concessa, ma sembra che la vera trattativa diretta tra Casa bianca e singole industrie si sia svolta riservatamente. E ha dato risultati integrativi. E’ presto per inferire gli sviluppi del nuovo scenario, ma già ci sono elementi per segnalare che la strategia americana non è protezionista, ma di conquista con bastone dissuasivo e carota incentivante. E lo sarà anche in altri settori. 

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