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Carlo Pelanda: 2017-12-1Milano Finanza e Italia Oggi

2017-12-1

1/12/2017

La nuova via dell’ecologia artificiale

Il tema della vulnerabilità dell’ambiente costruito alla variabilità di quello naturale è sempre più rilevante. Poiché l’ominazione, cioè la diffusione degli umani sul pianeta e dei loro costrutti, è sempre più diffusa, gli impatti di tale variabilità potranno essere più distruttivi. Il clima, in particolare, sta cambiando producendo precipitazioni estreme e devastanti, desertificazioni e conseguenti migrazioni, innalzamento del livello dei mari che mette a rischio circa il 70% della popolazione mondiale che vive in aree costiere. Ora prevale la linea di bloccare il cambiamento climatico causato dall’immissione riscaldante nell’atmosfera di gas serra prodotti da attività antropiche. Ma questa ecostrategia appare incompleta. Da un lato, è certo che questi gas contribuiscano pesantemente al riscaldamento e all’aumento di vapori acquei in circolazione nell’atmosfera. Dall’altro, non è chiaro quanto la loro riduzione – che implica la sostituzione in tempi non inferiori al secolo dell’economia basata sui combustibili fossili – possa contenere il riscaldamento stesso. Il pianeta anche cambia di suo e la molteplicità di eventi endogeni (vulcani, autocicli caldo-freddo, ecc.) ed esogeni (meteore, fenomeni solari, ecc.) che possono produrre mutamenti rilevanti per l’antroposfera è enorme. Senza togliere pressione alla strategia di riduzione dei gas serra e della pulizia dell’aria, anche perché impulso modernizzante, bisognerebbe aggiungerne un’altra finalizzata a mantenere integra la viabilità e l’integrità degli insediamenti umani di fronte a variazioni ambientali di qualsiasi tipo. Cioè, in generale, passare dall’idea di conciliare sviluppo antropico e cicli naturali forzando il primo ad adattarsi ai secondi – cosa che comporta restrizioni con conseguenze economiche negative - a quella di progressivamente costruire un’ecologia artificiale dove i sistemi umani possano essere isolati dagli effetti di variazioni ambientali dannose. Tale strategia sarebbe in continuità con gli ultimi diecimila anni di evoluzione umana: il motivo per costruire una capanna è lo stesso per creare habitat dotati di ecologia artificiale autonoma indipendente dai cicli naturali e dalla loro variabilità. L’Olanda, per esempio, sta artificializzando il proprio territorio per renderlo meno vulnerabile all’innalzamento delle acque. Questa è la via giusta: ridurre la vulnerabilità al cambiamento ambientale attraverso l’ecologia artificiale e non solo cercare di evitarlo con mezzi forse inefficaci. Via, inoltre, che implica concetti futurizzanti di habitat e d’investimento sugli stessi.      

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