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Carlo Pelanda: 2000-7-27Il Borghese

2000-7-27

27/7/2000

Dubbi su crescita

Fino alla fine di maggio lo scenario economico internazionale, a parte le turbolenze dovute allo sgonfiamento della bolla finanziaria in alcuni settori borsistici, restava orientato da un sostanziale e forte ottimismo di fondo basato su due percezioni da parte degli operatori e del grande pubblico: (a) l'evidenza di un'economia americana, motore di quella globale, sempre crescente; (b) per gli europei ed italiani in particolare, che prima o poi l'eurozona sarebbe tornata a crescere dopo anni di stagnazione. Da un paio di settimane queste fonti di ottimismo sono state scosse ed indebolite.

A)I dati più recenti mostrano che la ormai decennale crescita statunitense comincia a dare i primi segni di rallentamento a causa della stretta monetaria operata dall'Autorità monetaria (Fed). Sul momento i mercati borsistici hanno accolto con favore la notizia. Rallentamento, infatti, significa che la Fed non avrà più bisogno di alzare ulteriormente i tassi monetari per calmare, aumentando il costo del denaro, un'economia troppo surriscaldata. E ciò dovrebbe dare più spazio di rialzo ai mercati azionari. Ma, in realtà, molti stanno iniziando a fare meglio i conti. Il piano della Fed, presieduta da Greenspan, è quello di portare e tenere la crescita americana entro un sentiero tra il 3,5 ed il 4%, considerato non pericoloso per l'inflazione. E tale scenario viene chiamato di atterraggio morbido (soft landing) dopo una crescita del 7% nell'ultimo trimestre del 1999 e di quasi il 6% nel primo del 2000 (che sta continuando attorno al 5%). Tuttavia non esiste nella storia economica un solo caso di "soft landing". La natura del mercato appare molto più polarizzata: o sale o scende, senza vie di mezzo. Quindi i segni di rallentamento stanno accendendo in alcuni il timore che alla fine del 2000 ed inizio del 2001 l'economia statunitense possa andare in recessione improvvisamente. Il mercato sconta molto in anticipo l'ottimismo e lo moltiplica. Ma fa lo stesso anche con il pessimismo. E questo è il motivo per cui è difficile tenerlo entro un binario voluto. Più cresce questa consapevolezza, più i soggetti del mercato globale, di cui quello americano è la locomotiva principale, cominciano a modificare le loro attese in senso più guardingo.

B) Per gli europei ed italiani c'è il rischio di una doccia fredda, gelata per i secondi. Un mese fa gli scenari davano per il 2000 una crescita dell'eurozona attorno al 3,5%. Gli ultimi andamenti fanno sospettare che sarà minore. Il motivo è che non partono i consumi interni. In Germania sono leggermente ripresi dopo anni di stagnazione, ma non a sufficienza per amplificare e rendere stabile la crescita stessa. In Italia i consumi sono rimasti perfino piatti, compressi da un fisco sempre più drenante e dal fatto che non ci sono nuovi investimenti. In sintesi, la crescita europea resta principalmente trainata dall'esportazione, spinta dall'euro basso, e comincia a circolare la sensazione che il "picco di rimbalzo" sia già stato raggiunto a marzo e che da qui in poi si scenderà invece di salire. Non è un dramma. Comunque la previsione più pessimistica ritiene che l'Italia possa crescere quest'anno vicino al 2,5% e l'Eurozona sul 3. Ma certamente non è quell'inversione di tendenza, quel boom, che tutti speravano. E l'ottimismo viene rimandato.

Il mio commento è che sarebbe ingiustificato passare da un eccesso di ottimismo, come nel recente passato, a quello opposto. Anche se l'economia americana andasse in recessione, questa sarà breve e preludio di un nuovo boom perché la crescita è sostenuta da fattori struturali e non contingenti. L'eurozona ha un grande potenziale futuro, ma deve cambiare il proprio modello politico che ne soffoca l'economia. Cosa non facile e che comunque richiede tempo. Quindi è saggio non aspettarsi molto nel breve e medio periodo – per non restare delusi – ma anche attendersi un vero e prorio boom europeo quando il continente sarà liberalizzato, almeno in parte, e consolidato nel suo assetto istituzionale: direi attorno al 2005. In conclusione, ci sono più ragioni per restare moderatamente ottimisti anche in una fase dove dubbio ed incertezza stanno affacciandosi.

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