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Carlo Pelanda: 2012-6-19La Voce di Romagna

2012-6-19

19/6/2012

Il quantum del far da soli è 150 miliardi di meno spesa e tasse

Cosa può e deve fare l’Italia per tirarsi fuori dai guai e cosa può e deve fare l’Europa?

Non ci potrà essere né a breve né a medio termine alcuna soluzione confederale europea, tipo eurobond, del problema del debito italiano. Se chiedessimo ai tedeschi di garantire il nostro debito faremmo una fesseria: o questi pretenderebbero in cambio di controllare direttamente l’Italia, e non ci conviene cedere ulteriore sovranità, oppure, se noi ed altri forzassimo minacciando l’implosione dell’euro, scateneremmo il nazionalismo tedesco, cosa non salutare. L’unica cosa che l’Europa potrebbe e dovrebbe fare è quella di lasciare che la Bce possa agire come fornitore illimitato di liquidità per comprare titoli di debito oltre che sostenere le banche dell’Eurozona. E svalutare l’euro per spingere l’export. La Germania è pronta a dare un permesso con limiti, come già fatto, perché ciò toglie pressione all’inaccettabile proposta degli eurobond, ma il mercato lo vuole illimitato come garanzia per comprare titoli di debito a rendimenti decrescenti. Finora ho attaccato Merkel e Berlino per questo motivo, e per la follia di imporre austerità depressive, non per forzarli con lamenti simil-meridionalisti a sborsare o garantire soldi direttamente. Quindi ci interessa l’intervento europeo a livello di Bce. Da un lato questa può generare liquidità illimitata, dall’altro senza intervenire sulle cause del problema la massa di soldi tamponerebbe per un po’ la crisi senza risolverla. Anzi, finanzierebbe la crisi e non la soluzione. Qualcosa potrà aiutare, ma poco. Qui entra la responsabilità nazionale: l’Italia deve mettersi a posto da sola generando un “progetto nazionale” credibile. Che cosa lo renderebbe credibile? Intanto la consapevolezza che bisognerà ridurre entro 5 anni di almeno 150 miliardi la spesa pubblica per poter ridurre di altrettanto, meno la quota di garanzia per assicurare il pareggio di bilancio e la spesa per interessi del debito, le tasse, a naso di 100 miliardi. Solo con questi numeri l’Italia tornerà in crescita e potrà ripagare il proprio debito. Ma significa, infatti, andare verso una riduzione di almeno 1/3 del personale pubblico, nazionale e locale, nonché la cancellazione di circa 35 miliardi di trasferimenti di soldi statali a strane entità e la privatizzazione di migliaia di “entini” pubblici, nazionali e locali. A tale azione poi deve corrispondere quella di patrimonio contro debito per ridurre il secondo. In sintesi, il progetto nazionale italiano dovrà eliminare la spesa inutile cumulata negli anni dalla pressione dei partiti per soddisfare le loro clientele e dalla degenerazione burocratica. Fatto questo, con 100 miliardi in meno di tasse, l’Italia potrà volare: la riduzione fiscale, infatti, permetterà di limitare le tasse sulle imprese a non più del 20% (soglia a cui sta puntando il Regno Unito dopo aver tagliato 100 miliardi equivalenti di spesa) nonché ridurre i costi sistemici e le tasse sulle persone. Questo è il vero rigore compatibile con la crescita, non certo quello che alza le tasse senza ridurre i costi inutili. Monti è stato bastonato da Fmi e dalla Germania perché non ha avuto il coraggio di dire quale progetto nazionale veramente serve ed ha sbagliato nel puntare troppo sulle tasse e poco sulla crescita per ottenere il riequlibrio. Ora comincia a dire la verità - dovremo fare da soli – ma non osa ancora svelare il quantum. Meglio che iniziamo a farlo su giornali chiarendo la megadimensione del riaggiustamento di modello e la necessità di doverlo fare da soli senza aiuto esterno. Preparatevi.

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