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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2007-7-10La Voce di Romagna

2007-7-10

10/7/2007

Per rilanciare il turismo serve la deregolazione

Una fetta consistente del territorio e dell’economia italiani sono dedicati al turismo e tale settore ha un peso notevole nel determinare gli andamenti del Pil complessivo. Pertanto i segnali, pur provvisori, che indicano per la stagione in corso problemi di riempimento delle capacità alberghiere e di una riduzione dei flussi vanno presi molto sul serio sul piano dell’interesse nazionale e, perfino di più, nell’Esarcato.  

Il problema contingente pare generato dal fatto che la capacità di spesa delle famiglie italiane sia stata molto drenata dal rialzo dei costi dei mutui a tasso variabile, di quelli generali (tariffe, spese condominiali, ecc.). Per tale motivo i denari dedicabili alla vacanze si  sono ridotti. Da un lato è vero che la politica economica del governo Prodi abbia prodotto un andamento stagnante dei consumi e più pessimismo prospettico di massa, che induce a risparmiare per l’attesa di costi futuri maggiori. Dall’altro, i dati mostrano che non c’è solo una caduta del turismo interno,  che probabilmente alla fine della stagione risulterà minore di quella temuta, ma anche una progressiva e ben più preoccupante perdita di attrattività dell’Italia in relazione ai flussi del turismo internazionale. L’analisi specialistica in materia è piuttosto complessa e non riportabile in poche righe, ma si può così sintetizzare: la costa orientale adriatica e altre aree del Mediterraneo riescono ad intercettare più turismo estivo di noi.  Il fenomeno è stato attutito dall’aumento complessivo dei flussi turistici negli ultimi anni, ma, depurato da questo dato, mostra che l’Italia sta perdendo quote di mercato, lentamente, ma inesorabilmente. Quindi va ripensata l’offerta di turismo. Con una annotazione. Il problema è noto da tempo e penso che siano stati migliaia i convegni ed i seminari tecnici in materia. In altre parole, la teoria del rilancio turistico dell’Italia c’è da tempo, nuove idee competitive anche. Inoltre non si può negare che molti operatori del settore stiano tentando soluzioni innovative, alcune di buon successo attrattivo. Pertanto il commento non riguarda l’appello ad accorgersi del problema. Riguarda, invece, il fatto che nonostante il problema sia noto le soluzioni tardano ad arrivare o ad essere organizzate. E ciò accade perché il sistema italiano tende a ritardare l’innovazione ed a mettere blocchi più che incentivi alle iniziative imprenditoriali capaci di riconfigurare la competitività di un territorio. Se io fossi ministro dell’Economia detasserei i soldi che un imprenditore o gruppo di imprese collegato da un progetto di area mostra di spendere in investimenti per l’attrattività turistica. Non solo. Negli Emirati costruiscono ambienti artificiali sulla costa per abbellirla e renderla attrattiva perché noi non dovremmo farlo? In Slovenia sta per partire un investimento di miliardi di dollari per impiantare megacasinò, perché mai l’Italia non dovrebbe lasciare liberi di agire i territori che vogliono costruire nuove Las Vegas? Abbiamo più parchi naturali di altri Paesi comparabili, ma questi sono concepiti per difendere la natura e non per farla godere ai turisti mentre nelle nazioni più avanzate è stata trovata ed applicata la formula per combinare rispetto della natura e business. E poi noi abbiamo la storia, tanta. L’Italia è una sorta di macchina del tempo dove il visitatore, solo viaggiando, può vivere come in un film le vicende di almeno tremila anni toccandone i resti. Ma facciamo musei pallosi e pomposi invece di capire che tutto il nostro territorio, unico al mondo, è un museo vivo. Da attrezzare, ma nessuno lo fa non perché senza idee, ma perché troverebbe ostacoli istituzionali e burocratici. In conclusione, il piano di rilancio turistico va fatto semplicemente togliendo vincoli e detassando chi ha buone idee. Riminesi, lo ricostruite il porto militare romano, un paio di triremi e simulate le battaglie contro i pirati illirici? Ci facciamo, magari, un film sopra?

(c) 2007 Carlo Pelanda
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