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Carlo Pelanda: 2013-1-2Libero

2013-1-2

2/1/2013

La priorità della svalutazione dell’euro

La speranza dell’Italia di attutire la recessione ed avviarsi verso la ripresa nel 2013 dipende in massima parte dall’andamento delle esportazioni perché è improbabile, in qualsiasi scenario elettorale, che il mercato interno sfugga in breve tempo alla morsa dei fattori deflazionistici che lo deprimono. Quindi è di interesse capire come andrà l’economia globale nei prossimi mesi. Le proiezioni del Fmi indicano una ripresa lenta in America e lentissima, quasi stagnazione, nell’Eurozona a causa della priorità della riduzione del debito in ambedue, interpretata in forme di austerità ossessiva dagli europei, ma problema prioritario anche per Washington. La poca forza delle due locomotive mondiali riduce la domanda globale e quindi le esportazioni della Cina e di altri asiatici che a loro volta importano di meno. Ma dati più recenti inducono ottimismo. Il compromesso, pur temporaneo, raggiunto a Washington tra i repubblicani, in maggioranza alla Camera, che volevano avviare la riduzione del debito tagliando solo la spesa ed Obama, sostenuto dalla maggioranza dei democratici al Senato, che voleva solo alzare le tasse non è male: dimostra la consapevolezza di ambedue le parti che sarebbe pericoloso deprimere la crescita del Pil, alzando troppo le tasse e tagliando troppo velocemente la spesa. Ciò fa prevedere un compromesso futuro più favorevole all’espansione che non all’austerità e induce ad alzare la previsione di crescita del Pil statunitense. Se le Borse crederanno a questo scenario, se verrà confermata la discesa dei prezzi energetici per l’irruzione sul mercato di quantità enormi di “shale gas” (idrocarburi estratti dalla triturazione delle rocce) e se resterà continua la ripresa del mercato immobiliare, ora notevole, allora è perfino probabile un andamento a boom della crescita americana a partire dalla primavera. La Cina si sta organizzando per dipendere meno dall’export, aumentando la capacità di crescita interna, ma tale transizione sarà difficile e lunghissima. Da un lato, la buona sorpresa americana aiuterà Pechino a limitare la contrazione del Pil. Dall’altro, il perdurare della stagnazione dell’Eurozona renderà solo medio ed insufficiente il rimbalzo della domanda globale. Infatti il nuovo governo giapponese (Abe) ha varato misure di iperinflazione sia per svalutare la moneta ed aiutare l’export sia per mantenere pompati i consumi interni, cosa che porterà il debito oltre il 250% del Pil con rischio di una nuova ondata di sfiducia su tutti i debiti sovrani. Ma nel 2013 vi sarà comunque un mercato globale sufficientemente vitale per permettere all’Italia di aumentare l’export. La capacità di internazionalizzazione delle nostre industrie è in aumento, quasi miracolosa la riorganizzazione di quelle piccole, ma c’è un problema di competitività valutaria. Le scelte espansive in America e Giappone, e la posizione di difesa della Cina, comporteranno la svalutazione competitiva di dollaro, yen e yuan nei confronti dell’euro. Con l’euro un po’ più basso nel 2012 l’export italiano ha fatto faville. Ma se il cambio si alza, la conseguenza de-competitiva sarà superiore al miglioramento relativo della domanda globale. Quindi la salvezza per l’Italia dipende dalla svalutazione competitiva dell’euro. Fino alle elezioni del settembre 2013 è improbabile che la Bce manovri la politica monetaria in tale direzione per opposizione di una Merkel ansiosa di ricevere il consenso da un elettorato paranoide che teme perfino un pelo di inflazione. Ma in ottobre anche il nuovo governo tedesco dovrà rendersi conto che o molla il cambio o salta l’Eurozona per eccesso di impoverimento. L’augurio per il 2013 è che la Bce trovi il coraggio di anticipare questa mossa oppure forzi un accordo monetario con dollaro e yen per evitare che l’Eurozona dominata dal provincialismo economico tedesco paghi tutto il costo del riaggiustamento globale.

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